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10/12/2024 17:00:00

Quale futuro per la Siria dopo il regime di Bashar al-Assad

 Quale futuro per la Siria. Correva l'anno 1971 quando Hafiz al-Assad, dopo il colpo di stato del 1966 del partito Ba'th, prese il sopravvento nell'organizzazione religiosa alauita sciita e salì al potere, instaurando un regime autoritario. Alla sua morte nel 2000, fu suo figlio Bashar a succedergli attraverso elezioni farsesche. Nel 2011, nel contesto della Primavera Araba, la popolazione siriana protestò pacificamente chiedendo riforme politiche e la caduta del regime. Il governo rispose brutalmente, scatenando la guerra civile.

A sostegno della dittatura di Assad, si schierarono Russia, Iran, Hezbollah e la Cina negli anni. Nel 2013, l'ISIS emerse con l'intento di creare il califfato della "Grande Siria", che comprendeva il sud della Turchia, la Siria, il Libano, Israele, la Giordania e la Palestina. Questo portò alla creazione di una grande coalizione composta da USA, Russia, Turchia, Regno Unito e Francia, che riuscì a sconfiggere lo Stato Islamico sei anni dopo. Nonostante ciò, il regime di Assad rimase al potere. Nel frattempo, l'OPAC Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche- e l'ONU hanno confermato, in modo indipendente, che la Siria ha utilizzato armi chimiche in otto occasioni, mentre Damasco ha cambiato la sua versione dell'incidente ben 17 volte. A Sednaya, una prigione vicina alla capitale, soprannominata "mattatoio umano", sono state torturate e uccise decine di migliaia di oppositori. Tuttavia, il conflitto non è terminato. Recentemente, dopo Aleppo, anche Damasco è stata "liberata" da Assad, rifugiatosi a Mosca, grazie all'intervento dell'organizzazione Hay'at TaḥrÄ«r al-Shām -"Organizzazione per la Liberazione del Levante"- guidata da Al-JawlānÄ«, ex membro dell'ISIS e considerato un terrorista dagli USA. Oggi la situazione è complessa e la ricerca di un equilibrio è in corso.

La Turchia, che ha sostenuto Al-JawlānÄ«, giocherà un ruolo primario. Gli Stati Uniti, sotto la presidenza di Biden, hanno dichiarato: "Non permetteremo che l'ISIS si ristabilisca in Siria", ma questo potrebbe cambiare con l'arrivo di un nuovo presidente alla Casa Bianca. Tra i sconfitti, oltre ad Assad, ci sono anche l'Iran, Hezbollah e Putin, la cui debolezza potrebbe essere sfruttata da Trump per mettere fine alla guerra in Ucraina. Erdogan, vincitore della crisi, potrebbe rimpatriare i 4 milioni di rifugiati siriani nel suo paese e rivendicare il ruolo di leader regionale a discapito di Mosca. La Cina osserva e auspica una "soluzione politica per il ripristino della stabilità al più presto, nell'interesse della popolazione siriana".

Israele, che nel 1967 occupò le alture del Golan durante la "Guerra dei Sei Giorni", considera queste terre, che sono territorio siriano e di grande valore strategico a soli 60 km da Damasco, osserva con preoccupazione. Pur essendo contento della caduta del regime, poiché Assad aveva permesso all'Iran e a Hezbollah di usare la Siria per minacciare Israele, attende la nuova postura dei ribelli e dell'eventuale futuro governo. Per i siriani, sia assadisti che non, le alture del Golan hanno anche un significato nazionalista. Abu Mohammad al-Jolani ha adottato questo nome di guerra in riferimento al Golan, luogo di antica origine della sua famiglia -al-Jolani può essere scritto anche al-Golani-. Come già detto, la situazione rimane complessa e, ad oggi, il contesto si presenta così come descritto. I prossimi mesi saranno cruciali per il futuro della Siria. Non si può non notare l'assenza di una diplomazia attiva da parte dell'UE.

Vittorio Alfieri