Fu un omicidio brutale. Furono, infatti, ben 26 i colpi inferti con un piccolo “piede di porco” di ferro alla testa e alla faccia del 60enne pregiudicato marsalese Antonino Titone. Un delitto per il quale la Corte d’assise di Trapani (presidente Daniela Troja) ha inflitto la pena dell’ergastolo, con sei mesi di isolamento, ad un altro pregiudicato marsalese, Giovanni Parrinello. Mentre la sua compagna, Lara Scandaliato, è stata condannata a diciassette anni e mezzo. Per Parrinello, comunque, i giudici hanno escluso l’aggravante della crudeltà, mentre per la Scandaliato esclusa la premeditazione.
Antonino Titone, detto “u baruni”, ucciso il 26 settembre 2022 nella sua abitazione di via Nicolò Fabrizi, in zona Porticella. Per Parrinello, pregiudicato per rapina, anche sei mesi di isolamento.
A poche ore dall’omicidio, i carabinieri identificarono, arrestandolo, Giovanni Parrinello quale possibile autore del delitto, sulla base di una breve descrizione fatta loro dalla polizia, che aveva chiesto la collaborazione dei colleghi dell’Arma.
I carabinieri si recarono subito nell’abitazione del Parrinello, nel quartiere Sappusi. E qui lo trovarono insieme alla compagna, Lara Scandaliato. Entrambi furono portati in caserma e interrogati. E fu la donna che fece trovare i sacchetti con i vestiti che i due indossavano quando fu commesso l’omicidio. A fornire alla polizia una sorta di identikit sull’uomo che fu visto uscire dall’abitazione del Titone, e allontanarsi a piedi insieme a una donna, furono alcuni residenti della zona. I due imputati erano accusati anche di rapina, perché dopo l’omicidio si sono impossessati del portafoglio del Titone, dal quale il Parrinello vantava un credito. Sarebbe stata questa la causa scatenante del delitto. Fu la Scandaliato, lo stesso giorno dell’omicidio, interrogata dai carabinieri, ad accusare il compagno e a far ritrovare l’arma: un piccolo piede di porco con cui fu fracassato il cranio al Titone. Secondo gli investigatori, alla base del fatto di sangue ci sarebbe stato, molto probabilmente, un vecchio debito non saldato della vittima per una fornitura di stupefacenti. Subito dopo i fatti, in caserma, la donna aveva raccontato di aver aspettato fuori, mentre il compagno colpiva a morte il Titone. Il 10 giugno 2023, però, anche la donna è finita in carcere. Gli investigatori, infatti, hanno scoperto che la donna non era fuori dall’abitazione del Titone, ma sarebbe stata dentro con Parrinello e avrebbe partecipato al delitto. Gli imputati sono stati difesi dagli avvocati Nicola Gaudino e Salvatore Fratelli, mentre la parte civile (una sorella della vittima) è rappresentata dall’avvocato Vito Daniele Cimiotta, che dopo la lettura del dispositivo della sentenza ha dichiarato: “Esprimo soddisfazione in merito all'andamento del processo e delle pene inflitte dalla Corte di Assise. In ogni caso attendiamo la motivazione al fine di poter apprezzare i passaggi salienti della sentenza di primo grado”. In una delle ultime udienze, Parrinello ha ammesso il delitto, ma ha negato la premeditazione. Poi, ha chiesto scusa ai familiari di Titone, dicendo che non aveva intenzione di uccidere.