L'idiomatismo della maschera napoletana si rivela perfettamente calzante per descrivere il ruolo di Matteo Salvini, segretario della Lega, all'interno di un partito che, pur evolvendosi, mantiene le radici nella Lega Nord di bossiana memoria.
Nei giorni scorsi, a Milano, il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo è stato eletto per acclamazione nuovo segretario della Lega in Lombardia. Durante il suo discorso di insediamento, Romeo ha rivolto un messaggio diretto a Salvini: "Sai che sono sempre stato leale con te, ma se non parliamo più del Nord, al Nord i voti non li prendiamo". Un'affermazione che ha scatenato una standing ovation in sala, sottolineando la tensione tra la trasformazione "nazionale" del partito promossa da Salvini e la volontà di recuperare le origini territoriali.
Romeo ha criticato le "beghe di cortile" e l'inseguimento ossessivo di poltrone, proponendo invece un ritorno alla linea politica originaria della Lega:
"Nell'immaginario collettivo, la destra sarà sempre rappresentata dalla Meloni. È inspiegabile questo continuo cercare un posizionamento politico nuovo, dimenticando di coltivare il nostro spazio politico. La Lega deve rappresentare il movimento del territorio agli occhi dei cittadini. Noi i voti li prendevamo dappertutto. Questa deve essere l'idea: riprendiamoci la nostra identità, la vera identità. Poi possiamo parlare di temi di destra, sinistra o centro."
In risposta, il ministro delle Infrastrutture ha richiamato il partito alla compattezza: "Siamo sotto attacco. Quando sei sotto attacco, l'unica cosa che non puoi permetterti è litigare nel tuo accampamento. La cosa che più danneggia la Lega non sono le cannonate da fuori, ma i rumori di fondo e le polemiche interne." Salvini ha difeso la sua visione di una Lega nazionale, affermando: "Su questa scelta non tornerò mai indietro: si può modulare, si possono rivedere i modi, ma la scelta di movimento nazionale è giusta per il Paese e utile per la Lombardia."
La distanza tra Salvini e una parte significativa del partito si è palesata con forza dopo la debacle alle elezioni europee di giugno. Una sconfitta mitigata solo dai consensi raccolti da Vannacci, pari a un quarto dei voti della Lega, ma che ha messo in evidenza fratture profonde. Romeo non è l’unico a esprimere malumori. Giancarlo Giorgetti, spesso in contrasto con Salvini sulla linea economica – come nel caso del MES o della protesta dei trattori – è ormai stanco di fare da punching-ball. Nel frattempo, il governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga mostra un crescente feeling politico con Giorgia Meloni, alimentando le speculazioni su una possibile alleanza futura. Intanto, la fronda dei nordisti sembra pronta allo strappo, opponendosi a una leadership accentratrice. Lo slogan è chiaro: "No a un uomo solo al comando."
Con tutte queste tensioni, il cosiddetto “segreto di Pulcinella” è ormai evidente: la distanza quasi siderale tra Salvini e una parte sempre più ampia del partito, soprattutto nel Nord, rappresenta una sfida cruciale per il futuro della Lega.
Vittorio Alfieri