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08/09/2024 06:00:00

Il killer marsalese Patti ridimensiona Messina Denaro: "Sarei riuscito ad ucciderlo"

"Messina Denaro? Spavaldo. Ma avrei potuto ucciderlo. Se fossi stato io latitante non mi avrebbero preso mai". 

Così Antonio Patti, ex killer della mafia di Marsala e collaboratore di giustizia dal 1995, ha parlato a Roberto Saviano, durante il programma Insider su Rai 3, rivelando inquietanti dettagli sul suo passato criminale e sui suoi legami con i più temibili boss di Cosa Nostra.

Patti, oggi 65enne, ha ammesso di aver commesso 38 omicidi al servizio della mafia, molti dei quali insieme a Matteo Messina Denaro. Durante l’intervista, ha dichiarato senza mezzi termini: “In vent’anni ho commesso 38 omicidi al servizio della mafia. Li ho fatti insieme ad altri, e me li ricordo tutti”.

Riflettendo su Messina Denaro, Patti ha spiegato: “Se fossi stato latitante in Sicilia, lo avrei ucciso 50 mila volte, sono 50 mila volte più intelligente”. Ha poi aggiunto un confronto con Totò Riina, dicendo: “Era intelligente e furbo, aveva lo sguardo che ti faceva capire tutto, però ha bruciato Cosa Nostra”.

Patti, soprannominato “testa ferita” per un incidente stradale, ha parlato del ruolo che la mafia ricopriva nella società: “Noi pulivamo il paese da chi disturbava le persone, le imprese”, un riferimento che ripropone la distinzione tra i vecchi mafiosi e i nuovi, più spietati. “Bisogna togliere le spine dal fianco a Marsala”, gli era stato ordinato durante un summit, un'espressione che, nel gergo mafioso, indicava la necessità di eliminare i rivali. Patti ha confermato che quegli ordini furono poi eseguiti.

Durante l’intervista, ha parlato anche delle stragi del 1992, descrivendole come un errore fatale: “Organizzare un’esplosione così grande... questi hanno perso la testa”, riferendosi agli attentati che sconvolsero il Paese.

Infine, Patti ha mostrato in qualche modo un lato umano, parlando dei suoi nipoti: “Io sono un nonno, i bambini non si toccano”, in netto contrasto con la barbara uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo. "Non lo doveva fare, non è stato lui, ma ha fornito la casa", dice Patti riferendosi al nascondiglio fornito da Messina Denaro per la prigionia del piccolo Di Matteo.
“È stato per anni latitante perché protetto dai campobellesi, non da tutti. Non si è mosso mai di là”,
ha aggiunto riguardo Messina Denaro, commentando la sua lunga latitanza.

L’intervista di Patti a Insider offre uno spaccato su un’organizzazione mafiosa ormai in declino, che lui stesso ha descritto come “una nave che è andata a fondo comunque”, sottolineando la fine di un’era per Cosa Nostra.