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02/04/2009 06:38:59

"Mia madre e i miei fratelli, vittime innocenti"

Presente, tra gli altri, l'ex magistrato Carlo Palermo, vero bersaglio della mafia, rimasto illeso. Per l'occasione, il sindaco di Erice, Giacomo Tranchida, conferirà la cittadinanza onoraria a Carlo Palermo.Interverrà anche don Luigi Ciotti. Verrà consegnato il premio «Fulvio Sodano» e ci sarà un concerto di allievi del conservatorio Scontrino.

Ieri ad Erice c'è stato già un primo momento di commemorazione con una fiaccolata.

Tra i presenti c'erano il presidente del Consiglio provinciale Peppe Poma e il vice presidente dell'Antimafia regionale on. Livio Marrocco.
Ieri mattina il calendario di iniziative delle manifestazioni «Non ti scordar di me» ha previsto un appuntamento di carattere sportivo presso la palestra Cardella, per una amichevole di calcio tra le scuole ericine. In serata invece dopo la fiaccolata nell'atrio della scuola intestata ai gemellini Asta organizzata da Libera c'è stata l'esibizione del gruppo Ericetnika, con «Sutta un velu».

Ma questa è a soltanto una delle tante iniziative organizzate dall'amministrazione guidata da Giacomo Tranchida che sul tema della lotta alla mafia ha avuto parole molto dure:  "Chi si è schierato in prima linea - dice Giacomo Tranchida - non può essere considerato professionista dell'antimafia. Io non penso che il giudice Paolo Borsellino fosse professionista dell'antimafia. Io non penso che Giuseppe e Salvatore Asta fossero professionisti dell'antimafia. Io non penso che Mauro Rostagno fosse professionista dell'antimafia. Io non penso che il prefetto Fulvio Sodano sia professionista dell'antimafia. Tante persone che si sono schierate dalla parte delle regole non possono essere considerate, nell'immaginario collettivo, professionisti dell'antimafia".

Ha dichiarato Margherita Asta, ricordando il giorno della strage:  «Da allora sono stata catapultata nel mondo degli adulti. Avevo dieci anni e mezzo, mi impedivano di vedere la tv con le immagini della strage, ma leggevo i giornali di nascosto. Parlavano di mafia, di droga, di miliardi di lire calcolati a migliaia, di magistrati e poliziotti da ammazzare. Vedevo le foto del giudice Palermo nel suo lettino di ospedale, il suo volto scavato e mi chiedevo perchĂ©. PerchĂ© mia madre, i miei fratellini, cosa c’entravano loro con questa guerra?
Ricordo mio padre e le parole che non ci siamo mai dette. E ho tanti rimpianti. Voleva proteggermi dal dolore e solo una volta mi ha detto una frase che non dimenticherò mai: “Noi abbiamo una piaga dentro che ci porteremo per tutta la vita”. Nel 2003 chiesi a un pm di farmi vedere le foto dei resti della macchina di mia madre e dei gemellini.
Sono stata male per giorni. Bestie, cosa avevano fatto! Oggi la mafia non uccide più, ma è cambiato poco, le mafie ti negano i diritti più elementari. Dove comandano loro anche il diritto a una vita normale è compromesso. Ricordo che nel 2006 rilasciai una intervista a “La Stampa” e quando mi chiesero se avessi voluto incontrare il giudice Carlo Palermo io risposi di sì. Don Luigi Ciotti organizzò tutto, ci vedemmo, ci stringemmo a lungo la mano e parlammo tanto. Le nostre vite erano state devastate dalla mafia, lui mi parlò dei suoi sensi di colpa e di quella lacerazione che si porterà dentro per tutta la vita.
Ci consolammo a vicenda. Quando accadono le stragi i familiari delle vittime ricevono tanta solidarietà, poi vengono lasciati soli. E’ un fatto privato, pensa la gente. L’anno scorso il senatore D’Alì disse che la mafia serve a quell’antimafia che genera posti di lavoro. C’erano le elezioni e a Trapani non sta bene parlare di mafia e affari in campagna elettorale. Cosa è cambiato? Poco, non uccidono più perché non è più necessario. La mafia tiene in ostaggio l’Italia. Ma esce il sole, dopo l’uragano esce sempre il sole».

Oggi il Comune di Erice conferirĂ  la cittadinanza onoraria al giudice Carlo Palermo.




 
“Il ricordo di quanto accaduto a Pizzolungo ventiquattro anni addietro è importan-te se si trasforma in azione, attraverso la promozione di adeguate occasioni di confronto e scambio tra uomini e donne che siano in grado di trarre, da particolari eventi come questo, degli ammaestramenti di vita, sui quali fondare la società del domani”.
E’ questo il commento dell’On. Livio Marrocco, deputato regionale e Vice Presiden-te Commissione d'Inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia, al termine della cerimonia tenutasi, questa mattina, nel luogo dove, il 2 aprile 1985, venne compiuto un attentato al giudice Carlo Palermo nel quale morirono Barbara Rizzo ed i suoi due figli gemelli Giuseppe e Salvatore Asta.
“La memoria è importante per il popolo – continua Marrocco che ieri sera ha anche partecipato alla fiaccolata partita dalla Chiesa di Sant’Alberto e che ha raggiunto l’istituto scolastico intitolato ai due piccoli vittimi dell’attentato mafioso – quando viene utilizzata in tutti gli ambiti, soprattutto nell’educazione delle nuove generazioni e nella vita quotidiana. Deve essere questo l’imperativo categorico di una comunità capace di attribuire il giusto valore al passato, promuovendone il ricordo attraverso la memoria”.


Con la strage di Pizzolungo la mafia intende uccidere il sostituto procuratore Carlo Palermo, trasferitosi da Trento a Trapani nel febbraio del 1985 per seguire le indagini su un traffico di armi.
Il 2 aprile del 1985, sulla strada statale che attraversa Pizzolungo, posizionata sul ciglio della strada statale, un'autobomba è pronta per l'attentato al sostituto procuratore Carlo Palermo. In prossimità dell'auto carica di tritolo l'auto di Carlo Palermo viene superata da una utilitaria. L'autobomba viene fatta esplodere comunque nella convinzione che sarebbe saltata in aria anche l'auto di Carlo Palermo.
L'utilitaria invece fa da scudo all'auto del sostituto procuratore che rimane solo ferito.
Nell'utilitaria esplosa, muoiono dilaniati Barbara Asta e i due figli gemelli Salvatore e Giuseppe.
Con il giudice Carlo Palermo rimangono feriti anche i tre agenti della scorta, La Porta Salvatore, Raffaele Mercurio e Antonio Ruggirello.
Nel 2004, in primo grado sono stati condannati Balduccio Di Maggio, Vincenzo Virga e Riina quali mandanti della strage. Per quanto riguarda gli esecutori, in primo e secondo grado sono stati condannati Gioacchino Calabrò, Vincenzo Milazzo, Filippo Melodia. Ma la sentenza è stata cassata nel ’91 perché gli imputati non avrebbero commesso il fatto.