Le indagini condotte, iniziate da diversi mesi, grazie alla preziosa collaborazione di alcuni dipendenti ed ex dipendenti di una ditta di resinatura marmi, hanno ricostruito i fatti avvenuti dal 2005 ad oggi.
I dipendenti originariamente assunti nel 2005 sono stati costretti a lavorare in “nero” per quasi due anni, venendo retribuiti unicamente sulle ore di lavoro effettivamente prestate, non retribuiti quindi nei periodi di ferie, nei periodi di assenza per malattia, nelle tredicesime mensilità e nelle indennità accessorie previste dal contratto di lavoro.
Regolarmente assunti nell’anno 2007 venivano però costretti, dietro minaccia di licenziamento, a firmare buste paga di importi superiori a quelli che venivano corrisposti e la differenza veniva trattenuta, senza alcun titolo, dal datore di lavoro.
Allorquando i dipendenti protestavano con il datore di lavoro per l’iniquo trattamento venivano prima minacciati di licenziamento e poi invitati a recarsi dal consulente del lavoro della ditta che parimenti “consigliava” di firmare la busta paga gonfiata.
Gli operai più “coraggiosi” che non hanno accettato il sopruso, nella fine del 2007 sono stati licenziati per “riduzione del personale”, hanno contestato il licenziamento nelle sedi previste e da allora sono ancora in attesa di ricevere il trattamento di fine rapporto.
Nel corso dell’indagine è apparso che il fenomeno in questione sia molto più diffuso di quanto possa sembrare e che i datori di lavoro spesso rimangono impuniti approfittando della stato di indigenza e necessità dei loro dipendenti.