Lo Piccolo ha spiegato a modo suo il pizzino ritrovato nel covo di Provenzano a Montagna dei Cavalli: nella lettera, che era gia' stata attribuita a Lo Piccolo da una perizia calligrafica, si faceva riferimento anche alla "amara decisione" di sopprimere un compaesano. "In realta' -ha detto il capomafia, collegato in videoconferenza dal carcere di Opera- mi riferivo a Francesco Pastoia e al genero Giacomo Greco, che in quel periodo gestivano un appalto per la distribuzione degli elenchi telefonici a San Lorenzo. Il mio riferimento alla lettera di Provenzano era questo". Il cambiamento di linea difensiva e' confermato anche da un'ulteriore iniziativa dei legali di Lo Piccolo, che hanno chiesto l'audizione di alcuni testimoni, tra i quali Sergio Sacco, cognato del procuratore di Palermo Francesco Messineo e indagato per fittizia intestazione di beni aggravata e ricettazione. La prima sezione della Corte d'Assise, dopo una breve camera di consiglio ha pero' rigettato la richiesta, non ritenendola essenziale ai fini della decisione: da alcune conversazioni e dalla deposizione della vedova di Bonanno, Monica Burrosi, era emerso che Sacco, poco prima della scomparsa per lupara bianca di Bonanno, aveva consigliato ai coniugi di trasferirsi da Palermo.