Era stato il ciclone Spatuzza, nel luglio del 2008, quando aveva confessato di essere stato lui l’autore del furto della Fiat 126 utilizzata per uccidere Borsellino, a sbugiardare Scarantino. Versione che è stata poi confermata anche nel confronto con il pentito Salvatore Candura.
Adesso arriva invece la versione di Scarantino, l’ultima, dopo una serie di colpi di scena che hanno accompagnato la storia di questo pentito. Elementi, questi, che rischiano di far aprire la strada alla revisione di due dei tre tronconi nei quali è suddiviso il processo celebrato per la strage di via D’Amelio: il processo Borsellino e il Borsellino bis. Per il primo il 18 dicembre del 2000 la I sezione penale della Cassazione ha reso definitiva la condanna all’ergastolo per Salvatore Profeta, esecutore materiale della strage, mentre il cosiddetto Borsellino bis è terminato, invece, in via definitiva, il 3 luglio del 2003 con 13 ergastoli nei confronti di mandanti ed esecutori, tra cui Totò Riina, Salvatore Biondino, Pietro Aglieri, Giuseppe Graviano, Carlo Greco, Gaetano Scotto, Cosimo Vernengo, Giuseppe La Mattina, Natale Gambino, Lorenzo Tinnirello, Giuseppe Urso e Gaetano Murana ed altri. Tutti condannati grazie alle dichiarazioni di Scarantino.