È stato dunque giudiziariamente accertato che la mafia trapanese, sfruttando le possibilità della legge 109, quella sulla confisca e sulla alienazione dei beni sottratti alla mafia,, ha cercato di riprendere possesso della Calcestruzzi Ericina.Secondo quanto ricostruito nel processo, il funzionario, peraltro in maniera illegittima, poiché era stato già esonerato dall'incarico dall'Agenzia del Demanio, aveva sottostimato il valore della Calcestruzzi ericina per consentirne l'acquisto ad un prezzo notevolmente inferiore al valore reale all'imprenditore Vincenzo Mannina, per conto di Francesco Pace e del mandamento mafioso. In diverse fasi è stata sancita la responsabilità del capo mafia di Trapani Francesco Pace, condannato anche in appello a 16 anni, dell’imprenditore che doveva acquistare l’impianto, Vincenzo Mannina, condannato a sei anni. Con la sentenza di ieri Nasca è stato ritenuto un funzionario infedele che, anziché fare gli interessi dello Stato, guardava a quelli dei soggetti a cui lo stesso Stato aveva sequestrato i beni.
L'autodifesa di Nasca, proclamatosi innocente anche durante il processo, non ha convinto i giudici. Così come il suo comportamento, non solo relativamente alla vicenda della Calcestruzzi ericina, ma anche alla gestione di altri beni confiscati alla mafia, non aveva convinto l'ex prefetto Fulvio Sodano.Nel 2002 al prefetto Sodano l’imprenditore Mannina in persona si presentò chiedendo di essere pronto ad acqusitare l’impianto della Calcestruzzi Ericina sapendo di avere alle spalle l’appoggio del capo amfia Francesco Pace. Sodano fermò il tentativo e lo denunciò.