“L' Iccat – secondo il presidente della commissione ambiente del senato – non può infatti pensare di risolvere il problema dell'invasione predatoria del Mediterraneo con la semplice diminuizione annua delle quote, che ha il solo effetto di costringere i singoli stati a dirimere questioni interne senza poter mettere in piedi un'organica e condivisa politica di contesto, né gli Stati del mediterraneo possono pensare di continuare ad attivare singole iniziative protezioniste, come ha legittimamente fatto l'Algeria, fuori da un contesto di una ferma presa di posizione Euro-mediterranea”.
La questione rimane quindi di scottante attualità - conclude d'Alì - attraverso ulteriori ricerche scientifiche dovranno essere acquisiti dati più certi. I Governi dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo dovranno inoltre riconsiderare l'importanza del mantenimento e del rilancio delle attività di pesca tradizionali, cioè si che si torni a guardare con attenzione, tanto dal punto di vista ambientale che dal punto di vista economico e sociale, alla salvaguardia e rilancio di quelle modalità di cattura come le tonnare fisse, patrimonio culturale ed antropologico della Sicilia, che ne lunghissimo periodo hanno garantito un prelievo selettivo e non devastante.