Trento abdica e si consola conquistando il terzo posto dominando nella finalina i turchi dell’Izmir; lo Zenit Kazan invece festeggia il proprio secondo trionfo in Champions League al termine di una finale drammatica, con il pubblico di casa letteralmente raggelato dalla sconfitta dei propri beniamini del Belchatow, in partenza sfavoriti ma in campo a lungo più convincenti rispetto al Kazan in una partita che ha toccato i picchi più alti dal punto di vista tecnico solo nel tiebreak, quando a rigor di logica l’aspetto emotivo doveva farla ancor più da padrone. Alla fine la squadra giallonera resta con in mano un secondo posto amarissimo soprattutto per come è maturato, dopo aver sciupato ben tre palle match tra quarto e quinto set. E così un pizzico d’Italia rimane ancora sul tetto d’Europa grazie a Valerio Vermiglio, impeccabile regista di questa fortissima squadra allenata da Alekno (un altro alloro per lui dopo i trionfi sulla panchina della nazionale russa), che ha tutto per aprire un ciclo molto lungo considerando che il prossimo anno su questo telaio già solidissimo aggiungeranno un innesto formidabile come Juantorena.
Trento sul podio Trento quindi dopo tre anni deve lasciare ad altri il titolo di campione d’Europa, ma non scende dal podio continentale pur dovendosi accontentare del gradino più basso. La medaglia di bronzo arriva con una facile vittoria contro i turchi dell’Izmir, già appagati dall’essere arrivati fin qui decisamente a sorpresa e troppo inesperti per poter puntare ancora più in alto. La finalina per il terzo posto non ha storia, la squadra di Glenn Hoag ci crede poco ed è troppo monocorde, col il solo opposto Agamez a giocare con un minimo di voglia e di qualità, per mettere in difficoltà la banda di Stoytchev. Che al contrario mette in campo tutta la rabbia rimasta dentro per quanto non espresso nella semifinale contro il Kazan. Quella casella degli ace rimasta incredibilmente vuota contro i russi (all’Itas non succedeva da più di due anni), questa volta si riempie immediatamente con Raphael che va a segno dai nove metri siglando il 9-7 nel primo parziale che di fatto chiude già la partita, perché di lì in poi Trento resta sempre avanti, fa punti in scioltezza con i suoi attaccanti, ritrova un Juantorena che torna sui suoi livelli dopo la prova opaca di ieri, ottiene buoni spunti anche dal subentrante Sokolov e alla fine vince a mani basse (25-20, 25-19, 25-19 i parziali). Resta una medaglia di bronzo che non può soddisfare completamente chi da tre anni era davanti a tutti; resta il rimpianto non tanto per la sconfitta in sè che ovviamente ci può stare in una semifinale di Champions, quanto perché arrivata al termine di una partita giocata non al proprio massimo livello; resta il dubbio che tutte le voci di mercato nate (Raphael) e concretizzatisi (Juantorena) proprio in questi giorni abbiano fatto male alla concentrazione della squadra. In ogni caso con questo bronzo resta anche la possibilità di ottenere una wild card per il prossimo Mondiale per club (sarebbe il minimo per chi lo ha vinto sempre da quando la competizione è tornata a disputarsi negli ultimi tre anni); e resta la sostanza di una squadra che nelle prossime settimane si metterà a caccia del terzo tricolore della propria storia e che anche nelle prossima stagione seppure con una compagine rinnovata si riproporrà come protagonista anche a livello europeo.
Gioia russa, delusione polacca Oggi però la scena e la gloria è tutta meritatamente per lo Zenit Kazan, campione d’Europa e vincitore di una finale che a giudicare da quello che ha raccontato il primo set sembrava dover regalare molte meno emozioni di quanto ha poi fatto. Il Belchatow infatti ha completamente toppato l’approccio alla partita; la pressione di un palasport strapieno e l’attesa di tutto un paese in cui la pallavolo è realmente sport nazionale, hanno giocato un brutto scherzo ai polacchi entrati in campo contratti e timorosi. E così il primo set è stato un monologo dello Zenit Kazan (25-15 il risultato) ripartito da dove aveva lasciato nella semifinale di ieri contro Trento, bombardando al servizio soprattutto con Volkov e in attacco con un Mikhailov immarcabile. Kurek e compagni però sono riusciti a mettersi alle spalle l’emozione prima che fosse troppo tardi, e nel secondo set le parti si sono praticamente invertite. Il Belchatow aggredisce al servizio (ace di Kurek per il 6-3 che spezza immediatamente l’equilibrio), e gioca pulito in attacco con un Falasca essenziale in palleggio e con Kurek e Winiarski ad esaltarsi in attacco. Il Kazan soffre, cala d’intensità e cede di netto (25-16). Nel terzo set i russi tornano a fare punti a muro con i centrali Volkov e Apalikov in gran spolvero dopo il passaggio a vuoto totale del secondo set, ma perdono di ritmo ed efficacia in attacco. Ne viene fuori un lungo punto a punto risolto da un ace di Kurek e da una successiva su murata su Mikhailov che aprono la strada al 25-22 in favore dei polacchi. Nel quarto set Alekno si affida all’esperienza di Priddy richiamando in panchina Sivozhelez, ma l’inerzia non cambia e gli attaccanti russi continuano a fare fatica. Il Belchatow però sente la pressione di essere ad un passo dal successo, sbaglia troppo al servizio e non riesce a fuggire. Nel finale sale in cattedra Wlazly che regala una palla match ai suoi (24-23), Alekno chiama un inedito doppio timeout consecutivo per rompere il ritmo dei polacchi e al ritorno in campo la situazione torna in parità. Alla fine è un ace di Apalikov con l’aiuto del nastro a siglare il 27-25 che porta tutti al quinto set. All’inizio del tiebreak è ancora Wlazly sugli scudi, il Belchatow vola sul 5-1 ma il Kazan reagisce. Mikhailov dopo due set molto sottotono martella al servizio, mentre Volkov si esalta a muro e in attacco e la situazione torna in perfetta parità. Il Belchatow arriva per primo alla palla match, Berezhko annulla e alla fine è un attacco out di Winiarski a scrivere la parola fine su una partita incredibile (17-15 il risultato del tiebreak) che scatena la gioia irrefrenabile dei russi. Mentre per Lodz e un po’ per tutta la Polonia si apre un piccolo grande dramma sportivo, con la vittoria nella Champions League che sfugge ancora una volta per una nazione che vive di volley ma è salita sul tetto d’Europa con i club in una sola occasione, nel lontanissimo 1978 con il Milowice.