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08/07/2012 04:56:17

Corruzione nei grandi eventi in Sicilia. Raffiche di smentite dai politici coinvolti

 Perché nelle intercettazioni si parla di favori, di escort e di un paio di appartamenti messi a disposizione comepied-à-terre da usare per esigenze tutt’altro che istituzionali. Tra i parlamentari ci sarebbero quattro esponenti del Pdl (il presidente dell’Ars Francesco Cascio, il deputato regionale Francesco Scoma, il parlamentare nazionale Giuseppe Scalia e il vice presidente vicario dell’Ars Santi Formica), tre di Fli (il deputato nazionale Nino Lo Presti e i parlamentari regionali Carmelo Currenti e Luigi Gentile), due del Mpa (il senatore Giovanni Pistorio e il capogruppo all’Ars Nicola D’Agostino) e il senatore dell’Udc Enzo Galioto. Nessuno dei politici è indagato perché non c’è prova che abbiano «ricambiato» eventuali favori ricevuti dall’imprenditore Faustino Giacchetto. Tutti, comunque, respingono i sospetti, le «insinuazioni» e in alcuni casi passano pure al contrattacco: «Querelerò per diffamazione e anche per calunnia chiunque accosti il mio nome a quello di Giacchetto per rapporti illeciti o immorali», dice ad esempio Pistorio attraverso il suo legale, l’avvocato Vincenzo Lo Re. «Conosco Giacchetto – precisa Galioto - ma nego con estrema fermezza l’esistenza di un rapporto di amicizia tra di noi che si possa essere tradotto in uno “scambio di favori”». «Siamo amici da una vita - spiega invece Cascio - e non ho nessun problema a ribadire che tra di noi esiste un rapporto di disinteressata amicizia personale e familiare. Ma respingo con forza insinuazioni su qualsivoglia favore». Scoma, che conferma di conoscere Giacchetto («come tutta la città»), si dice invece «indignato per essere stato tirato dentro a storie di escort» che «non solo non mi appartengono, ma hanno anche turbato e colpito la mia serenità familiare».
«Ho un contratto di affitto in un appartamento di proprietà di Giacchetto - dice Gentile -, oltre a questo non c’è nessun’altra situazione». «Lo conosco da anni e ho avuto solo rapporti di amicizia», puntualizza Giuseppe Scalia. «Si è occupato della grafica di alcune manifestazioni di partito - spiega Lo Presti -. Gli ho pure chiesto per questa campagna se poteva indicarmi qualcuno che mi forniva dei furgoni per la pubblicità. Tutto qui». «So chi è, ma non ho avuto nessun rapporto» taglia corto Currenti. «Giacchetto? Non mi dice nulla - assicura Santi Formica - ameno che non ho avuto a che fare con qualche ditta a lui collegata. Quello è possibile».

IL SISTEMA GIACCHETTO. Escort, mazzette, affari per milioni di euro, ma soprattutto bandi «cuciti» su misura. Con una serie di norme e cavilli che, di fatto, rendevano le sue società (o quelle a lui collegate) le uniche concorrenti possibili. Eccolo il sistema «Giacchetto», un lavoro di squadra in cui ognuno faceva la sua parte: dai politici—che in base agli elementi acquisiti finora si limitavano ad accompagnare, «introdurre» o ad aprire qualche porta — ai funzionari pubblici, passando per gli stessi avversari che spesso diventavano compagni di merenda. Nell’inchiesta sui Grandi eventi della Regione, che finora ha risucchiato nel calderone una decina di società di comunicazione, undici manifestazioni in tutta l’Isola (tra cui la visita del Papa a Palermo nel 2010), l’affidamento del servizio ristorazione del teatro di Verdura a Palermo e otto persone indagate per corruzione e turbativa d’asta, si comincia a delineare il ruolo dei protagonisti. Compreso quello dei politici che avrebbero beneficiato di favori, regali e di un paio di appartamenti con escort e tutti i comfort. A un mese dal primo avviso di garanzia, l’attesa adesso è tutta negli interrogatori (Faustino Giacchetto per ora non sarà sentito dai pm ) e nelle carte. Gli investigatori della Guardia di finanza stanno incrociando gli elementi acquisiti — documenti, intercettazioni, file recuperati nei computer e in un hard disk — con i bandi delle gare sospette. In questi documenti ci sarebbero già delle indicazioni precise sul metodo utilizzato da Giacchetto e dai suoi presunti complici per ottenere incarichi milionari nel campo della comunicazione. Il sistema, come spiega una fonte investigativa, era semplice ed efficace al tempo stesso: se si voleva privilegiare una determinata società, allora nel bando veniva inserita una clausola che prevedeva solo l’ammissione di ditte con il profilo di quella indicata. E quindi ad esempio, si puntava sul fatturato, sulle esperienze all’estero, su curriculum, master o specializzazioni particolari. In questo aspetto della vicenda un ruolo importante l’avrebbe avuto Antonino Belcuore, funzionario dell’assessorato regionale al Turismo al quale Giacchetto avrebbe versato cospicue somme di danaro. «Io ho fatto il mio dovere», soleva dire il manager, nato a Canicattì ma cresciuto poi tra Palermo e Bagheria, dove ha studiato, si è sposato e ha costruito la sua fortuna come rappresentante della Parmalat e come pubblicitario. Gli inquirenti — coordinati dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Gaetano Paci e Maurizio Agnello — stanno passando al setaccio i documenti di Giacchetto sequestrati nei suoi appartamenti e nei suoi uffici. In una cassetta di sicurezza sono stati trovati alcuni orologi da collezione e mezzo milione di euro in contanti. Assieme a lui e a Belcuore, sono indagati anche una parente e due dipendenti del manager e altri imprenditori. Mentre nel capitolo tangenti, oltre a quelle (presunte) versate per «ungere» gli ingranaggi della burocrazia e alle escort messe a disposizione degli amici, si parla pure di 4.000 euro che Giacchetto avrebbe versato a un ispettore della Forestaleche aveva fatto accertamenti sulla regolarità della piscina della suocera, in una villa di Casteldaccia. In questo caso sarebbe stato l’ispettore a chiedere il denaro per chiudere un occhio. E Giacchetto non avrebbe fatto una piega.