E' quanto emerge dal piano del governo Monti che mira a razionalizzare la rete di aeroporti in Italia. Il piano prevede una "sforbiciata" al numero di aeroporti, perchè sono troppi. E allora si preferisce puntare su quelli che davvero generano traffico. Non sarà un taglio indolore. Sono circa 60 gli aeroporti oggi in Italia.Ne resteranno attivi la metà. Gli altri saranno o dismessi o "giarati" agli enti locali, che si assumeranno la responsabilità - anche e soprattutto economica - di continuare a tenerli in vita.
Questo, in sintesi, il contenuto del piano degli aeroporti italiani del ministro dello Sviluppo e delle Infrastrutture, Corrado Passera, approntato insieme all’Enac sulla base delle ricerche effettuate da OneWorks, Kpmg e Nomisma.
Per la Sicilia il nuovo Piano disegna un futuro fatto di stretti rapporti commerciali con il Nord Africa. Catania-Comiso e Palermo- Trapani costituiscono i due poli principali siciliani con Catania scalo strategico orientale e Palermo sul fronte occidentale. A Trapani sarà indirizzato il traffico low cost.
Sono sette le priorità per riorganizzare il sistema aeroportuale contenute nelle linee guida del Piano approvate nell’ultimo consiglio dei ministri. Le ha illustrate il sottosegretario alle infrastrutture e trasporti Guido Improta. «Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, consapevole dell’esigenza di definire comunque un quadro regolatorio più efficace in attesa che l’Authority possa insediarsi e svolgere il compito che le è stato attribuito dalla legge, ha delineato sette priorità per quanto riguarda gli aeroporti», ha spiegato Improta. Per quanto riguarda il Piano vero e proprio Improta ha ricordato che c’è l’impegno del ministro Passera e del viceministro Ciaccia ad approvarlo entro fine dicembre, «ma da tutte le forze riunite è arrivato l’invito pressante ad accorciare questi tempi. Mi pare - ha aggiunto - che la situazione sia abbastanza matura, e il fatto che le linee siano state inserite nel Def significa che non ci sono nodi politici».
Le sette priorità sono: evitare la realizzazione di nuovi aeroporti laddove sia possibile utilizzare strutture già esistenti con capacità da potenziare; considerare di interesse nazionale gli aeroporti e i sistemi aeroportuali inseriti nella “Core network” della rete transeuropea; sottrarre al traffico commerciale gli aeroporti inseriti nella Comprehensive Network (rete globale di trasporto europea); incentivare la costruzione delle cosiddette “reti aeroportuali” gestite da un unico soggetto; riorganizzare i servizi di navigazione; riorganizzare i servizi forniti in ambito aeroportuale con costi a carico dello Stato; programmare gli interventi per il risanamento finanziario e gestionale delle società aeroportuali.
«Questa atto - sottolinea ancora Improta - consentirà, nell’ambito di un quadro regolatorio che deve essere più efficace, di pervenire anche alla firma dei contratti di programma per gli aeroporti, strumento essenziale per definire da un lato obiettivi di produttività, di efficienza e di qualità dei servizi e, dall’altro, le condizioni di equilibrio economico e finanziario idonee perché i concessionari possano assumere impegni per i funzionali interventi di ammodernamento e sviluppo infrastrutturale».
L'EUROPA FRENA SUGLI AIUTI. Da Bruxelles fanno intanto sapere che non arriveranno più finanziamenti e contributi a quelle strutture aeroportuali che non sono in grado di reggersi da sole, al netto dei finanziamenti pubblici. Il commissario europeo alla Concorrenza, Joaquin Almunia, ha chiaramente indicato la nuova strada: oltre alle inchieste che riguardano finanziamenti illeciti alle compagnie aeree - come ha ricordato ieri Il Messaggero, citando ad esempio le ultime su Ryanair - di recente la Commissione ha aperto decine di procedure contro aeroporti di piccole e medie dimensioni. Nel “periodo d’oro”, quello compreso fra il 1995 e il 2008. la Commissione ha autorizzato ben 90 aiuti di Stato destinati a sostenere 46 aeroporti in 18 Stati membri, per un totale di oltre 150 milioni di euro. «Migliorare le capacità aeroportuali » e «promuovere esempi di connessioni intermodali» sono state le ragioni fondanti alla base dell’erogazione dei contributi pubblici alle società aeroportuali. Ma adesso le condizioni sono cambiate, perché «le linee aeree low-cost e l’accresciuta mobilità dei cittadini comunitari hanno certo contribuito al proliferare di nuovi scali», fino a portarci a una rete transeuropea con oltre 400 aeroporti: troppi. C'è una media di uno scalo ogni 60 chilometri, e Bruxelles pensa a raddoppiare questa distanza. Attualmente gli aeroporti italiani sono 47, di cui 39 serviti da Enac.