Tempi duri per il capomafia di Castelvetrano Matteo Messina Denaro: resta il leader di Cosa Nostra, ma la sua - secondo la relazione dei servizi segreti al Parlamento - e' tutt'altro che una latitanza dorata vista la pressione degli investigatori che lo braccano.
«A fronte della grave crisi economica e della disponibilità degli operatori a denunciare i taglieggiamenti, Cosa nostra non sembra intenzionata a desistere dal controllo del territorio, privilegiando sempre più attività come rapine e narcotraffico». Non cessa la morsa delle cosche sul territorio: lo scrivono i Servizi Segreti nell'annuale relazione al Parlamento sulla Politica dell'Informazione per la Sicurezza. E alle denunce delle vittime, sempre più numerose, e alla crisi che strozza le attività economiche, i clan reagiscono «puntando» sulle rapine e sul traffico di droga.
STRUTTURA VERTICISTICA - «Cosa nostra evidenzia, specie nella Sicilia occidentale, crescenti difficoltà nel riproporre la tradizionale struttura centralistica e verticistica, anche se recenti scarcerazioni di esponenti di famiglie "storiche" starebbero contribuendo a rivitalizzare la spinta organizzativa», gli 007 evidenziano l'allarme sulla possibilità che le cosche tornino a riorganizzarsi in una struttura verticistica dopo le recenti scarcerazioni di capomafia di spicco, come ad esempio il boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro.
MESSINA DENARO RESTA IL CAPO - «Il boss latitante Matteo Messina Denaro, pur rivestendo un ruolo di indiscusso riferimento carismatico, deve fronteggiare una sempre più difficile latitanza». Resta il leader di Cosa Nostra, ma la sua è tutt'altro che una latitanza dorata vista la pressione degli investigatori. Gli 007 mettono in luce la «precarietà» delle relazioni tra le componenti mafiose delle diverse province siciliane. E sottolineano come le attività di polizia nell'agrigentino abbiano «disarticolato i livelli di vertice provinciali responsabili dei collegamenti con le province trapanese e palermitana, costringendo le componenti locali ad avviare una fase di revisione strutturale'. Nel catanese, invece, grazie alla infiltrazione nel tessuto cittadino e provinciale, i clan continuano ad imporsi nonostante 'la scomparsa di esponenti di primo piano».