E’ scaduto, infatti, a mezzanotte del primo marzo il termine ultimo fissato dal decreto legge del Governo per la firma dell'atto aggiuntivo all'opera tra la società Stretto di Messina spa e il general contractor Eurolink (formata da Impregilo come capogruppo mandataria e dai mandanti, Sacyr, Condotte d'Acqua, Cmc di Ravenna, Ishikawajima-Harima Heavy Industries, Aci scpa). Il Consiglio dei Ministri qualche giorno prima aveva bocciato la proroga dei termini per la sottoscrizione del contratto aggiuntivo. La relazione presentata dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Corrado Passera, ha evidenziato che Eurolink “è receduto dal contratto lo scorso novembre e, in seguito, ha impugnato di fronte al Tar del Lazio la nota con cui Stretto di Messina Spa si opponeva al recesso”. Inoltre, ha sottolineato “l’assenza delle condizioni necessarie per l’emanazione di un decreto legge di proroga del termine per la stipula dell’atto aggiuntivo come era stato richiesto dal Contraente generale”. Gli accordi stipulati perdono ogni efficacia giuridica. Comprese le convenzioni e gli altri contratti stipulati dalla società Stretto di Messina SpA, che verrà, quindi, posta in liquidazione. In altre parole si tratta della fine della grande opera che nel 2001 il CIPE definiva come "infrastruttura strategica" per il Paese.
L’opera (anzi, la non opera...) è costata dal giugno 1981 (anno di costituzione della società Stretto di Messina) a oggi circa 300 milioni tra ricerca e sviluppo, stato di fattibilità, progettazione e bando di quattro gare internazionali.
Il primo atto è però del 1968 , quando l'Anas bandì un concorso internazionale di idee per “la realizzazione di un collegamento stabile tra Sicilia e continente”. L’'approvazione del progetto preliminare da parte del Cipe è dell’ agosto 2003.
Il progetto prevedeva una campata unica da 3,3 chilometri che ne avrebbe fatto il ponte più lungo al mondo, con sei corsie stradali e due binari). L’opera gu bloccata dal governo Prodi nel 2006, ripresa dal Governo Berlusconi nel 2008 Il 2 novembre 2012, però, il governo Monti ha chiesto alle due società di recepire, attraverso un atto aggiuntivo, una serie di clausole tra cui la sospensione dell'opera per due anni senza che si dovessero pagare all'appaltatore penali per i ritardi.
Una decisione contestata da Eurolink, che ha subito dichiarato il recesso del contratto e impugnato davanti al Tar l'opposizione della Stretto di Messina al recesso.
Eurolink, nelle intenzioni del governo, sarà risarcita solo di alcune decine di milioni per gli studi di fattibilità e le spese del progetto. Sulla vicenda, tuttavia, si aprirà un confronto in sede giurisdizionale. E chissà che lo Stato italiano non sia costretto a pagare un maxi risarcimento: 300 milioni di euro. Mentre per la Stretto di Messina andrà fatto un decreto per la sua liquidazione.
Una curiosità, infine. La commissione per la Valutazione dell'Impatto Ambientale del Ministero dell'Ambiente aveva chiesto 223 integrazioni su tutti gli aspetti salienti del progetto, da quelli strutturali, a quelli relativi alla sostenibilità economico-finanziaria.
Abbandonato il Ponte, alla Sicilia non resta che concentrarsi sul potenziamento di strade e ferrovie. Sono stati sbloccati da poco, in un accordo tra Stato e Regione Siciliana 1274 milioni di euro per lo sviluppo della rete ferroviaria, con la conferma di progetti e fondi per 1.152 milioni (nodo di Palermo), e un programma a medio termine di interventi complessivi per altri 2.680 milioni, ancora da finanziare. La scelta di priorità è sulla direttrice Messina-Catania-Palermo, e l'obiettivo è velocizzare il servizio (con nuove tratte, adeguamenti, potenziamenti tecnologici), e trasformarlo in molte aree a velocità e frequenza metropolitana.
Grazie a questi interventi si potrà viaggiare in treno fra Palermo e Catania in 2 ore e 25 anziché 2 ore e 45. Con gli altri interventi in progettazione, da finanziare per 2,6 miliardi la percorrenza scenderà a un'ora e trenta; e la Messina-Catania potrà scendere da un'ora e 15 a 45 minuti.
REFERENDUM. Un referendum consultivo in Sicilia e in Calabria per decidere “una volta per tutte” se c’è la volontà di salvare il progetto del ponte di Messina: la proposta è del Pds-Mpa, illustrata questa mattina dal segretario regionale siciliano Rino Piscitello nel corso di una conferenza stampa nel Palazzo dei Normanni.
“Il ponte non è ‘una’ battaglia, ma ‘la’ battaglia centrale per il nostro partito. Lanceremo una petizione popolare e chiederemo il sostegno dei partiti alleati. Il rischio – ha aggiunto Piscitello – è che non fare il ponte ci costi quanto ci sarebbe costato farlo. Il costo totale dell’opera si aggira intorno al miliardo e mezzo di euro, ma se sommiamo le penali che dovremmo pagare per ‘non farlo’ che possono arrivare ad un miliardo e duecento milioni, più i trecento milioni già impegnati per lavori effettuati, arriviamo alla stessa somma”.
Alla conferenza stampa ha partecipato anche il neo-senatore Antonio Scavone, che ha annunciato la presentazione di atti parlamentari sul ponte di Messina. “Se si prende il treno da Roma a Milano si arriva in due ore – ha detto Scavone -, in Sicilia per andare da Alcamo ad Avola occorrono 26 ore. Insomma, Mentre nel resto d’Italia si lavora per realizzare l’alta velocità, la Sicilia è condannata alla marginalità: l’unico modo per salvare l’isola è recuperare il progetto del ponte”.
Per Roberto Di Mauro, capogruppo autonomista all’Ars, “nel momento in cui l’Ars ha approvato la mozione presentata da un esponente del Pd che dice no al ponte, la Sicilia è stata abbandonata a se stessa. Se il presidente Crocetta continua a trastullarsi in annunci e proclami che spesso non hanno nulla a che fare con la realtà, saremo sempre più soli”.