Quel 20 febbraio c’erano esercitazioni di lancio volontario per un gruppo di militari dell’Esercito e Melania La Mantia era uno di questi. Il tempo non era dei migliori, c’erano anche forti raffiche di vento. La giovane finì nel lago di una cava a ridosso dell’aeroporto e annegò. Il suo corpo venne trovato dopo cinque giorni di ricerche.
Le condanne riguardano il mantovano Andrea Tomasi, presidente dell’Associazione paracadutisti di Poggio Rusco, direttore dei lanci (si trovava sull’aereo): un anno; il riminese Renzo Carlini, presidente dell’Associazione paracadutisti di Rimini, pure lui addetto al controllo a terra: un anno e il reggiano Marco Basilio Schenetti, brigadiere dei carabinieri, direttore della scuola di lancio di Modena, anche lui addetto al controllo a terra: otto mesi. Il pm Monica Gargiulo aveva chiesto la condanna a due anni per tutti, ma il giudice non ha riconosciuto l’aggravante di aver agito con la previsione dell’evento. I tre dovranno anche risarcire i familiari della vittima. E’ stata riconosciuta una provvisionale di 325mila euro.
Il pubblico ministero, nella sua requisitoria, aveva evidenziato come i tre imputati rivestissero una precisa e importante posizione di garanzia nei confronti dei giovani militari alcuni dei quali al primo lancio con il paracadute. Una posizione di garanzia che aveva come funzione la salvaguardia della incolumità degli allievi. Per il pm la condotta di tutti e tre era stata concausale nella determinazione della tragedia: al direttore di lancio era attribuito l’errore nella individuazione dell’area di lancio e atterraggio dei paracadutisti, ovvero la zona aeroportuale, cioè quella della pista. Ha detto in sintesi il pm: «L’area sicura era quella contrassegnata dal numero tre, ovvero l’area esterna alla pista, quella più lontana dal laghetto in cui morì Melania La Mantia.
Invece i lanci sono stati effettuati proprio sulla zona due, quella vicino al laghetto. Si tratta di un’area pericolosa, adibita ai lanci di parà esperti e con il paracadute a vela. Per questo la normativa Enac prevede che, per lanci con paracadute ordinario in aree con specchi d’acqua, occorre mettere in atto tutta una serie di misure di sicurezze soggettive e oggettive, del tutto assenti quel giorno». Per quanto riguarda i due assitenti di terra, a loro il pm ha imputato l’omesso intervento sul direttore di lancio che doveva essere finalizzato a sospendere i lanci una volta constatata l’errata individuazione dell’area di atterraggio.