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05/07/2013 04:40:08

Il "patronato", l'azienda cartiera e il finto disoccupato. Così la truffa all'Inps si è fatta sistema

Tutti insieme per razziare il colabrodo della previdenza sociale. Poi ci sono i finti disoccupati, quelli che ottengono l’indennità di disoccupazione attraverso le aziende complici. Ecco, già per questa frode ci vuole un po’ più di dimestichezza con le cose burocratiche. Bisogna fare sistema, bisogna ingegnarsi, essere dentro il meccanismo, conoscerlo bene. Come lo conoscevano i tre sindacalisti di Marsala beccati per una truffa ai danni dell’Inps andata avanti per oltre 12 anni. Secondo le indagini della Guardia di Finanza, Giacomo Passalacqua, Giacomo Abrignani e Piernicola Abrignani, rispettivamente responsabili delle ACLI e CIA di Marsala Strasatti, - finiti agli arresti domiciliari - avevano organizzato tutto nei minimi dettagli. Una truffa cominiciata nel 1998 che ha fatto ottenere a decine di persone indennità di disoccupazione per braccianti agricoli illegittime, per un totale di circa 300 mila euro. Tutto si basava sulla classica azienda “cartiera”, una ditta agricola che fittiziamente assumeva il personale, per poi licenziarlo sempre sulla carta, e fare ottenere ai finti agricoltori il sussidio tanto voluto. Peccato però che l’azienda era praticamente inesistente. Il titolare era tale Vincenzo Chirco, nel frattempo deceduto, e i terreni riconducibili all’azienda, nei fatti inesistente, erano poca cosa. Pochi appezzamenti che Chirco, secondo i testimoni, riusciva a gestire da solo. Infatti ciò che producevano questi terreni aveva fruttato pochissimo nel corso degli anni, appena 40 mila euro. Sarebbe stata un’attività perennemente in rosso, con l’acqua alla gola, se si considera che sulla carta in tutti quegli anni le finte retribuzioni per i finti agricoltori erano di circa 350 mila euro, più 80 mila euro di contributi Inps non versati, più tutti i costi di gestione. E sono state proprio queste differenze enormi a far squillare il campanello d’allarme agli inquirenti. Tutto però veniva organizzato nei “patronati”. Qui ci si occupava dei compiti di istruttoria dei fascicoli aziendali dell’impresa, oltre che della gestione delle domande che le medesime aziende presentano, a vario titolo, per l’accesso a specifiche misure di sostegno all’agricoltura. “Ci vuole dimestichezza in queste cose” hanno detto gli inquirenti in conferenza stampa. “Non si tratta di un semplice fenomeno di malcostume, ma c’è dietro a questo sistema, diffuso sul territorio, una vera e propria organizzazione, il tipo di competenza necessaria per frodare circa 300 mila euro è rilevante. È una truffa che abbraccia competenze diverse e prevede ruoli diversi. Non è qui la persona singola che riesce ad ottenere indennizzi sparuti. Ci sono dei punti di riferimento che sono le associazioni sindacali”. Associazioni sindacali che tra Marsala e Petrosino riuscivano a gestire decine di disoccupati, ad esercitare anche un certo consenso tra i finti disoccupati, ad utilizzare le competenze per frodare attraverso la società cartiera. E in cambio ottenevano innanzitutto un flusso di clienti molto significativo presso i patronati, cosa che sfociava nel consenso della gente a scegliere quel sindacato piuttosto che un altro. Poi ci sarebbe anche il do ut des. Ossia la percentuale delle indennità che i finti braccianti avrebbero dato ai sindacalisti, ma questa è ancora un’ipotesi al vaglio della procura.
Di truffe allo Stato, agli istituti previdenziali, dicevamo, se ne scoprono una al giorno. Ci sono quelle più sistemiche e quelle più solitarie, messe in campo da truffaldini occasionali. Tutte insieme vanno a finire nel calderone delle frodi nel settore agricolo, quello che più di tutti viene sussidiato dallo stato. Attraverso i sussidi ai braccianti agricoli, quelli ai braccianti disoccupati, quelli per cominciare un’attività, quelli per concludere un’attività, quelli per le piogge, per i venti, per la siccità, quelli per ammodernare i locali, quelli per coltivare i prodotti tipici, quelli per non coltivarli, quelli per esportare, quelli per non esportare. Il settore agricolo in Sicilia è tutto sussidiato, ed è quello più razziato.