In numerosi articoli scritti da me per le testate locali, on line e cartacee, ho fatto le lodi di questo Otium. L'ho descritto come una nuova risorsa dell'Intelligenza locale. Ho apprezzato anche alcune proposte dello "spazio".
Una settimana fa, l'ente ha realizzato, nel chiostro del Carmine, la lettura delle poesie di Garcia Lorca in spagnolo. Sono state accompagnate dalla traduzione in italiano, ma si voleva dare maggior risalto alla lettura originale. E tutti gli ascoltatori poi ad applaudire. Appartenendo io, da lunga pezza, alla combriccola degli "apoti" (quelli che non la bevono facilmente), il cui fondatore fu Prezzolini, mi sono permesso di riportare in un articolo le mie impressioni. Che, cioè, ci sono modi più idonei a far conoscere il grande e sfortunato poeta Lorca, piuttosto che leggerne nell'originale le poesie a un pubblico che, esclusi i lettori di madre lingua o quelli accademici, non ne capiscono assolutamente il significato. Le poesie sono fatte di parole e vivono del loro significato, secondo me. Leggere a chi non conosce il cinese la più bella poesia cinese, non mi sembra un'operazione di grande cultura ma al massimo una lodevole perdita di tempo. Vorrei essere più chiaro. Se quella poesia cinese fosse letta pure in turco ad ascoltatori che non conoscessero né il cinese, né il turco, non acquisterebbe più valore di prima.
Quell'articolo non l'ho pubblicato, stante le reazioni irritate che ho notato, e di cui amici comuni mi hanno riferito, della mia amica Barbara.
Questo pomeriggio, sempre nel magnifico chiostro del Carmine, Otium ha presentato, a un uditorio di una settantina di persone - Barbara, scusami se dovessero risultare 72 o 73 - "Le donne di carta", un'associazi0one di narratori mnemonici di pagine di libri, o pezzetti di testi. La cosa in sé é stata interessante, anche coinvolgente quando un paio di recitanti ha perso il filo, e non ha saputo andare più avanti, nonostante le esortazioni e i consigli di Sandra Giuliani, la "maitre" del pomeriggio. Ho battuto le mani a queste persone che hanno avuto cali improvvisi di memoria con le contestuali emozioni espresse dal viso e dal corpo. Sono state brave ugualmente, testimoni della nostra imperfetta umanità.
Quello che, invece, non ho condiviso di questo pomeriggio sono stati una proposta e uno sconcerto del guru Giuliani. Lei non é semplicemente "una donna di carta". E' ex editore, ex libraia, scrittrice, e forse altre cose ancora. Ma ha chiesto di firmare una petizione, che non condivido. Vorrebbe che fosse tutelato dagli organismi internazionali il diritto della lettura.
Ma perché dovrei firmare questa petizione? Certo che tutti devono poter leggere, in condizioni ottimali e di uguaglianza, senza tener conto del loro credo politico o religioso, delle loro opinioni o preferenze sentimentali e sessuali, del loro sesso, della loro razza, della loro età. Tutto questo é sacrosanto, ma c'é già nella nostra Costituzione e fa parte del bagaglio sociale di tutti i paesi di civiltà occidentale. Proporre la tutela di questo diritto é scoprire l'acqua calda, dimenticando che é stata scoperta da alcuni migliaia di anni. Il diritto della lettura é una componente, fra le tante, del diritto alla libertà e all'istruzione.
Lo sconcerto di Giuliani, che non ho condiviso, é stato quello della quantità di libri che sono fuori catalogo e non più reperibili. Un fatto per lei inaccettabile. Ho pubblicamente osservato che c'é ogni anno un numero elevatissimo di libri che non sarà più ristampato, perché non é stato venduto. Molti di questi libri non valgono nemmeno il prezzo della carta su cui sono stampati. Allora? "Cosa intende fare di questi libri ritenuti democraticamente dai fruitori insignificanti ?", ho chiesto. Mi ha fornito una risposta fuorviante, cui non mi dato facoltà di replicare.
Bene. Anzi, male. La signora Giuliani mi vuole riconoscere, oltre al diritto della lettura che nessuno mi può togliere, anche quello di non essere d'accordo con quello che dice?
E l'amica Barbara mi toglierà il saluto per queste mie critiche? Sono disposto a tutto, pur di conservare la mia libertà.
Leonardo Agate