Totò Riina si è sentito tradito. Da uno che riteneva fosse dei suoi ma che si è pentito, Francesco Onorato. Quel Francesco Onorato che lo ha tirato in ballo e che lo ha fatto apparire come una marionetta nelle mani dei politici. Che ha spiegato durante la deposizione nel processo per la trattativa Stato mafia come 'il boss dei boss' sia stato in qualche modo truffato da chi lo ha incoraggiato a uccidere Falcone e Borsellino. Dal carcere milanese di Opera in cui è rinchiuso si è scatenato come una furia contro il procuratore che indaga su quegli indicibili accordi, il pm siciliano Antonino Di Matteo. Lo riferisce il quotidiano 'La Repubblica'.
"Di Matteo deve morire. E con lui tutti i pm della trattativa, mi stanno facendo impazzire", avrebbe detto il capo di 'cosa nostra' dopo l’ultima udienza del processo che sta scandagliando i segreti del dialogo fra Stato e mafia. "Quelli lì devono morire, fosse l’ultima cosa che faccio", ha urlato a un compagno di carcere. Le sue minacce sono state intercettate da un agente della polizia penitenziaria. Quindi nuova allerta a Palermo dove lunedì scorso si è riunito d’urgenza il comitato per l’ordine e la sicurezza presieduto dal prefetto Francesca Cannizzo. Per Di Matteo si è anche valutato il trasferimento per qualche tempo in una località segreta con la famiglia. Così come è accaduto per Borsellino e Falcone nel 1985 quando i giudici e le loro famiglie restarono per quasi un mese all’Asinara. Per il momento il comitato provinciale ha deciso di chiedere un ulteriore impegno al ministero dell’Interno, dotando la scorta di Nino Di Matteo di un “Jammer”, un dispositivo antibomba che blocca i segnali radio dei telecomandi nel raggio di duecento metri.
Questa estate il ministero dell'Interno aveva passato il livello di sicurezza per il magistrato palermitano, dal secondo al primo. Ma lo stesso livello di protezione non è stato deciso per gli altri magistrati del pool “trattativa”, il procuratore aggiunto Vittorio Teresi e i sostituti Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene.
Secondo il comitato per l’ordine e la sicurezza, l'altra mira di Riina potrebbe essere il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, il magistrato che ha curato la revisione del processo per la strage di via D’Amelio, scagionando otto persone e puntando l’indice contro i fedelissimi di Riina.
Ma è in corso anche un’indagine bis sul patto Stato-mafia. Il pm Di Matteo da sette mesi è lui stesso sotto inchiesta 'per aver leso il diritto alla riservatezza del capo dello Stato', con un’intervista a Repubblica. Con le sue parole il magistrato avrebbe rivelato l’esistenza delle telefonate fra il presidente Napolitano e l’ex ministro Mancino, intercettato nell’ambito del caso trattativa. Di Matteo, interrogato in Cassazione, ha negato di aver fatto rivelazioni, ha spiegato che la notizia delle telefonate era già stata pubblicata da altri quotidiani.