Non limita il diritto all'istruzione, all'informazione e al reinserimento sociale la circolare dell'Amministrazione penitenziaria che vieta ai detenuti mafiosi in regime di isolamento di tenere tanti libri in cella, di farseli recapitare dai familiari e di restituirli a loro. Lo sottolinea la Cassazione - sentenza 46783 - che ha accolto il ricorso della Procura di Reggio Emilia e del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria contro l'ordinanza con la quale il magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia, lo scorso dieci gennaio, aveva autorizzato un boss di mafia del messinese, Giuseppe Gullotti (53 anni), recluso nel carcere di massima sicurezza di Parma, a ricevere libri e riviste inviategli dai familiari anzichè attraverso i canali dell'amministrazione penitenziaria, a tenere più volumi in cella e a restituirli ai parenti. Secondo il magistrato reggino, la circolare del Dap numero 0434055, aveva introdotto "gravose limitazioni" che violavano "norme di rango costituzionale quali il diritto all'informazione del detenuto ed anche alla rieducazione, di cui la lettura e l'istruzione sono elementi fondanti, nonchè il diritto allo studio che veniva limitato dal divieto di accumulo di libri nella cella". Invece, ad avviso della Suprema Corte "risulta evidente" che le regole introdotte dal Dap hanno "l'espressa finalità di impedire che, attraverso la ricezione o la consegna di testi, il detenuto sottoposto a regime speciale possa ricevere o comunicare all'esterno messaggi cifrati". "Con l'introduzione delle suddette regole - prosegue il verdetto degli ermellini - non viene limitato in alcun modo il diritto del detenuto ad informarsi o studiare attraverso la lettura di testi, ma si sottopone a un più rigoroso controllo la provenienza dei libri o delle stampe e si impedisce al detenuto di effettuare scambi sospetti con familiari di libri che potrebbero contenere messaggi criptici, non facilmente individuabili dal personale addetto al controllo".