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17/01/2014 06:40:00

Il decreto svuota carceri? E' un indulto mascherato. Tanti mafiosi torneranno in libertà

  Il decreto "svuotacarceri" è un indulto mascherato. Lo dice Sebastiano Ardita, procuratore aggiunto di Messina ed ex direttore generale del Dap, che ha stroncato la cosiddetta "liberazione anticipata speciale". «Si parla di un indulto mascherato - ha detto in Commissione Giustizia della Camera - è peggio. L'indulto opera in maniera generalizzata, uguale per tutti, invece con il meccanismo previsto dal decreto lo sconto cresce con il crescere della pena» e «non essendovi sbarramento, vi è la possibilità di far uscire i soggetti più pericolosi sul piano criminale». Il decreto Cancellieri sulle carceri - ha sottolineato - «è applicabile anche ai detenuti di mafia (così come previsto già per la liberazione anticipata dal 1975) ».
La disposizione, che permette di aumentare da 45 a 75 i giorni di sconto concessi ogni semestre per la liberazione anticipata a partire dal 2010 e per altri due anni, ha spiegato, «avrà un'ampia applicazione tra gli esponenti della criminalità mafiosa condannati a pene lunghe», mentre «è chiaro che non potrà che incidere in modo molto marginale sull'affollamento, potendo riguardare al più qualche migliaio di soggetti». In sostanza, si cerca, secondo Ardita, «di svuotare il mare con un guscio, ma con l'effetto che si consentirà ai detenuti che hanno pene più gravi di uscire prima». In questo modo «la soluzione al sovraffollamento - ha aggiunto -viene perseguita come una rinuncia alla pena. E non ottiene lo scopo deflattivo».
Ardita critica anche il «risarcimento equitativo» di 100 euro al giorno per ciascun detenuto nel caso di mancata ottemperanza alle disposizioni imposte dai magistrati di sorveglianza, per l'impatto economico che l'attuale formulazione potrebbe avere. «Può riguardare - ha rilevato - una posizione soggettiva» che non equivale ad una «violazione dei diritti», ma la mancata ottemperanza comporterebbe un risarcimento ottenuto «surrettiziamente. Il costo sociale del carenza di adeguatezza delle carceri oggi lo pagano i detenuti sotto forma di disagio ulteriore. E questo non è giusto. Ma l'operazione che si vorrebbe fare è scaricare questo costo sui cittadini».
Per Raffaele Cantone, consigliere della Cassazione ed ex magistrato anticamorra, secondo il quale il decreto «contiene scelte sostanzialmente corrette», pur avendo «limiti» nell'aumento delle prescrizione dei procedimenti per spaccio e nella liberazione anticipata speciale che amplia il beneficio già in vigore nell'ordinamento. Mancano, invece, «certezze sul reale funzionamento del braccialetto elettronico» perché «precedenti sperimentazioni non hanno avuto alcun seguito e la documentazione raccolta è rimasta negli scantinati del ministero dell'Interno. Se non funziona, come non ha funzionato in passato, delegare il controllo alla polizia giudiziaria - ha sostenuto - potrebbe essere eccessivo in un momento non facile per le forze dell'ordine» e «sarebbe opportuno che il meccanismo prevedesse norme di monitoraggio dell'entrata in vigore effettiva del braccialetto elettronico».
Quanto alla previsione del reato autonomo di fatti di lieve entità nella legge sulle droghe, la Cassazione «si è già espressa in un'udienza dell'8 gennaio» e «ha già ritenuto che quella fattispecie dovesse essere considerata reato autonomo. Ma - ha aggiunto il magistrato - c'è un limite in questa norma che riguarda la prescrizione del reato che potrebbe avere effetti sui processi in corso perché si applica retroattivamente. La liberazione anticipata estesa a 75 giorni è eccessiva: si arriva al paradosso che in Italia per ogni anno di reclusione si scontano soltanto 7 mesi». Sull'affidamento in prova, secondo Cantone «è eccessivamente buonista per il detenuto, mentre queste misure devono essere concesse a soggetti non pericolosi».
Su posizioni opposte ad Ardita, invece, Felice Casson, ex magistrato, vicepresidente della commissione Giustizia e relatore del decreto legge. «La situazione carceraria - ha rilevato - è vergognosa ed è un bene che il Parlamento intervenga a monte introducendo una depenalizzazione dei reati e un migliore utilizzo delle pene detentive non carcerarie e della messa alla prova. È una prima importante pietra che viene inserita nel sistema per cercare di superare i problemi e le tensioni determinati, da una parte, da un sistema processuale che funziona male e, dall'altra, da una vergognosa situazione carceraria. La struttura del disegno di legge interviene sulle pene detentive non carcerarie, su una riforma del sistema delle pene e sulla trasformazione in illeciti amministrativi delle contravvenzioni punite con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda. Ma è soprattutto ora di cominciare concretamente ad intervenire sulla ancora vergognosa situazione carceraria. Più che pensare alla situazione a monte - ha concluso il senatore del Pd - è ora di pensare cosa c'è a valle: cioè più che pensare alla fase finale di chi è stato già condannato è opportuno cominciare, sistematicamente, a limitare gli accessi al carcere soltanto ai casi di pericolosità sociale e a quelli che impongono tale misura. Per gli altri casi esistono sistemi alternativi, alcuni già inseriti nel nostro ordinamento processuale e altri che proveremo ad inserire».