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13/02/2014 07:00:00

Cataldo: "Calatafimi deve ripartire dalla gente. Incredibile atteggiamento maggioranza"

L’inchiesta che ha portato agli arresti domiciliari il sindaco di Calatafimi, Nicola Ferrara, con l’accusa di corruzione ha generato un caos politico, come era prevedibile, in città. Il sindaco si è dimesso. E in consiglio comunale c’è un gran trambusto. Si sono dimessi infatti i consiglieri della minoranza. Tra questi Daniele Cataldo, che qualche anomalia in passato l’aveva denunciata. Come delle rendicontazioni fatte non correttamente per la festa del santo patrono. Colpisce in questa vicenda quella che i magistrati hanno definito “gestione padronale” del Comune da parte del sindaco. Cataldo, era proprio così?

 

Ho ascoltato il vice questore che intervistato ha parlato di una gestione a dir poco spregiudicata. Noi nei limiti di quello che vedevamo, dalle carte, in quanto consiglieri comunali, avevamo sottolineato che c’era qualcosa di poco chiaro nelle procedure.

 

Ad esempio?

 

Sul progetto di finanza che aveva come obiettivo di rifare l’illuminazione pubblica la procedura che è stata seguita è assolutamente illegittima e questo l’avevamo già detto. Tra l’altro avevamo già mandato le carte alle competenti autorità giudiziarie. Quindi per quel che vedevamo nelle carte che passavano in consiglio comunale qualche perplessità l’avevamo evidenziata.

 

In questi casi si è sempre garantisti. Anche se le vicende giudiziarie devono essere staccate dalla politica. Nel senso che la politica deve arrivare prima della magistratura quando ci sono condotte, che al di là se penalmente rilevanti, sono comunque deprecabili. A Calatafimi, invece, il giorno dopo l’arresto del sindaco, la maggioranza in consiglio comunale ha voluto esprimere la voglia di continuare.

 

Questo ci lascia senza parole. La presunzione di innocenza va bene. Però la politica deve arrivare prima della magistratura. Chi amministra ha un dovere in più del semplice cittadino. E il dovere in più non è semplicemente quello di governare ma quello di ergersi a modello valoriale nei confronti della comunità che si ha l’onere e l’onore di amministrare. Ma per fare questo ci vuole credibilità politica. Quando questa viene meno è logico che si dovrebbe fare un passo indietro. La responsabilità politica non è soltanto del sindaco.

 

Lei dice che i consiglieri di maggioranza sono stati miopi?

 

Rispetto alle nostre interrogazioni e alle attività sulle procedure che secondo noi avevano dei vizi di legittimità. Sul geometra Sacco, noi avevamo chiesto di interrompere il rapporto di lavoro già nel 2011. E l’amministrazione ha risposto di no. Ha anzi detto che era quasi il miglior tecnico che c’era in circolazione.

 

Sta parlando del capo dell’ufficio tecnico che era senza laurea.

 

Sì. Rispetto a questi silenzi da parte della maggioranza è possibile che non si faccia autocritica politica? Per questo ci stupisce che ancora insistano. Non so a questo punto se, dopo le nostre dimissioni, hanno deciso di fare un passo indietro anche loro. Il nostro ragionamento è stato questo: “se voi maggioranza non siete in grado di dare dignità alla politica, lo facciamo noi dimettendoci”. Per noi le istituzioni hanno un senso, una dignità.

 

Lei ha detto che avevate denunciato i casi di malapolitica alla magistratura già nel 2011. Ma l’inchiesta è arrivata a uno sbocco soltanto adesso. Sembra il segno che nei piccoli comuni periferici, da Calatafimi a Campobello a Pantelleria, lo Stato non c’è o arriva sempre troppo tardi. Perchè poi si creano queste zone paludose dove tutto si può fare e i sindaci diventano padroni. Cataldo, così come ricomincia a Calatafimi?

 

Calatafimi veve ricominciare dal popolo. Premesso che chi fa politica deve essere di specchiata moralità. Ma la gente deve essere più vicina alla politica, deve essere più presente e controllare gli amministratori. Quando si celebravano i consigli comunali non c’era nessun cittadino. Questo lascia al politico più libertà di commettere errori. I cittadini devono essere più vicini alla cosa pubblica, devono rendersi conto che la cosa pubblica è non di nessuno, ma di tutti. Così forse qualcosa cambierebbe. Bisogna partire da questo. Far riscoprire alla gente l’interesse e l’amore per la cosa pubblica.