“Voglio regalare la chiave di questo lucchetto che cinge le nostre catene alle tre cariche dello Stato per liberare le nostre catene. Noi siamo testimoni di giustizia”. Ignazio Cutrò, impreditore antiracket agrigentino, si è incatenato, insieme ad altri due testimone di giustizia, davanti al Ministero degli Interni.
Dopo la decisione di Cutrò di abbandonare la Sicilia, l’imprenditore agrigentino ha deciso di lanciare questa protesta estrema.
“Siamo rimasti in Sicilia per dare l’input per far denunciare anche altri imprenditore – racconta a Rainews24 – Dal 1999 ho subito più di 30 atti intimidatori, io non ho mai pagato il pizzo. Se ne dovrebbero andare i mafiosi non io. Ma se io vado via sono le istituzioni che ci hanno perso non io”.
“Ha fatto bene il premier Renzi a citare, durante il suo intervento al Senato, i nomi e le storie di Lucia, la donna sfregiata dal suo ex fidanzato e di Lorenzo, il diciassettenne morto in un incidente stradale causato da un ubriaco. Storie di una quotidianità che fa male e che normali non sono, come del resto normale non è la vicenda di Ignazio Cutrò, imprenditore antiracket siciliano da tempo abbandonato, insieme a tanti testimoni di giustizia, dalle Istituzioni. Sono certo che Ignazio e gli altri nomi entreranno nella classifica delle cose che questo governo vuole fare, in un’agenda di governo che tratterà la lotta alla mafia e l’affermazione dell’economia legale, soprattutto nelle regioni del Sud e in Sicilia, come una delle questione prioritarie“.
Lo dice il deputato regionale del Pd e vicepresidente della Commissione regionale Antimafia a proposito della protesta di Ignazio Cutrò che si è incatenato al Viminale insieme ad altri testimoni di giustizia. Proprio ieri il parlamentare regionale del Pd aveva lanciato un appello al presidente della Regione per sostenere economicamente l’imprenditore antiracket di Bivona.