di Leonardo Agate
Le riforme, quelle cui si può attribuire davvero il nome, sono state in Italia, da trent'anni, una chimera. Forse é perché non sappiamo cosa sia una riforma, non avendo conosciuto né quella inglese del Seicento, né quella francese del Settecento, né quella russa del Novecento. Allora, poiché l'idea intriga, ci illudiamo di farne pure una noi, a parole.
L'eliminazione del Senato, che costituisce la palla al piede della nostra Repubblica, sta annegando nel mare magnum di una cinquantina di proposte, che giacciono alla commissione Costituzionale. Ce ne sono di simili e di diametralmente opposte. Che io sappia, nessuna prevede una vera e propria eliminazione. O , se c'é, non verrà presa in considerazione da alcuno. Eppure questo é il punto. La ventilata riforma, se vorrà essere tale, dovrà prevedere l'abolizione del Senato. Se si cambierà il suo nome, e si lascerà una Camera capace di intralciare il lavoro dell'altra, saremo al punto di partenza. Riforma senza riforma.
E' soltanto un'idea balzana quella di permettere al capo dello Stato di nominarvi un certo numero di componenti. Il presidente della Repubblica avrebbe un suo partito, che, a seconda del numero di nomine assegnatogli, potrebbe condizionare l'intero consesso. Tanto varrebbe, allora, aumentare i poteri diretti del presidente della Repubblica sul Parlamento. Sarebbe più chiaro e meno complicato. Ma pericoloso.
Poi c'è, molto agguerrita per numero di sostenitori, la proposta di riempire il nuovo Senato di sindaci. A quale scopo, se i sindaci già amministrano le città? Difficile da capire per un uomo di buon senso. O l'altra proposta di mettervi dentro i presidenti delle Regioni. Perché fare, di grazia? Già amministrano, spesso con incapacità, i vasti territori regionali. Uno psicologo e un dietrologo in coppia potrebbero capire le ragioni di simili proposte, che vanno oltre le capacità dell'uomo comune. Probabilmente, ne verrebbe fuori che i sindaci e i presidenti delle Regioni vorrebbero avere a Roma più forza. Invece, quello di cui il Paese ha bisogno, é il contrario: un'unica Camera autorevole, rappresentante dell'unità della Nazione e del popolo elettore, che emani le leggi fondamentali, cui si debbano adeguare le Regioni e i Comuni. dalla proposta di un Senato di presidenti di Regione e di sindaci, ne viene fuori la conclusione che l'intelligenza più acuta, in questo dolceamaro Paese, é finalizzata a far funzionare bene un solo ufficio: l'UCAS ( Ufficio complicazione affari semplici).
Si afferma pure che il mezzo centinaio di proposte di "riforma " del Senato farà scomparire fior di spese dal bilancio dello Stato, perché i componenti non avranno indennità. Badate bene alla parola "indennità". Proprio questa parola ho usato nel colloquio con una persona, che non fa politica, ma la segue. Mi ha impressionato per la previgente risposta, quando ha detto che i nuovi senatori troveranno il modo di rimpinguarsi le tasche con i rimborsi spese e le agevolazioni varie, come é costume italico.
In conclusione: nuovo Senato, nessuna riforma se cambierà nome e composizione, ma potrà ancora incidere sul sistema legislativo. Purtroppo sono propenso a dire che la vera riforma non si farà.