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25/09/2014 07:45:00

Salemi, protestano in strada i profughi africani. Ma la gente teme il peggio

Se il prefetto di Trapani Leopoldo Falco nei giorni scorsi ha mostrato di temere il collasso del sistema d'accoglienza ai migranti, che con una geniale intuizione, ma anche con gran fatica aveva messo su, con la collaborazione dei sindaci e delle associazioni, ieri mattina invece sono stati i cittadini di Salemi a temere il peggio.

Alle prime ore del giorno alcune decine di giovani profughi africani hanno fatto sentire la loro voce con l’unico modo con cui sono in grado di farlo. Sdraiandosi per terra, alcuni lungo la provinciale che da Salemi conduce a Vita, e altri nella via San Leonardo nei pressi di una scuola.

E scatenando le solite reazioni da parte della gente che a quell’ora corre per recarsi al lavoro. Intemperanze già registratesi in altre precedenti sit in organizzati sempre da migranti, ma ospiti di altri Cas (centro di accoglienza straordinaria). “Ancora un blocco stradale stamani a Salemi. ...alcune persone esasperate hanno tentato di investire i manifestanti. Ho avuto paura.......come finirà???”, ha scritto qualcuno su un social network.

Senza tema di volere generalizzare, crediamo che sia questo lo stato d’animo di gran parte degli autoctoni.

Le frasi che abbiamo sentito pronunciare dalla gente che si fermava a guardare stupefatta e irritata, condite da epiteti irriferibili, ripetevano all’unisono quello che ormai si sente dire nei bar, nelle sale d’attesa dei medici, nei mercati, nei luoghi pubblici.

Una lunga serie di luoghi comuni che, ripetuti fino all’esasperazione, rischiano di diventare verità assolute e incontrovertibili.

Il rosario delle lamentele è sempre il medesimo. Cosa vogliono ancora? Stanno meglio di noi. Hanno vitto e alloggio a sbafo. Guadagnano 40 euro al giorno. Hanno i telefonini dell’ultima generazione. Gli danno le sigarette, la televisione Sky e Internet. Hanno pure il coraggio di protestare?

Stesso tenore di argomenti si riscontrano anche su FB. C’è l’imbarazzo della scelta. Ne riportiamo fedelmente un colorito florilegio per capire di cosa stiamo parlando: “Extracomunitari che cacciano i nostri ragazzi dal campo perché devono giocare loro. Sempre più schifo a Salemi”; “Piano piano mi sa ke stanno diventando i padroni questi!”; “Ormai noi siamo gli ospiti e loro i cittadini. ? Io credo sia ora di ribellarsi”; Io capisco tutto sono dei poveracci che scappano da situazioni bruttissime.....ma è anche vero che sono tantissimi e che se si continua in questo modo succederà qualcosa di nn bello.....se nn si fermano gli sbarchi saremo sommersi”;Ancora siamo a niente. ..il brutto deve ancora venire ....che situazione ci tocca sopportare...vergogna Salemi nn è più tranquilla e nessuno s interessa di nulla....dico solo 2 parole..che schifo. ...poveri noi...” Salemi ai Salemitani e nn in mano a 4 farabutti che permettono tutto questo ..è arrivata l ora di finirla ...” e c’è anche chi lancia l’appello: “Organizziamoci in gruppo e chiediamo spiegazioni a chi di dovere....la situazione è già scappata di mano a tutti e tutti fanno gli gnorri....ripuliamo Salemi”.

In effetti, Salemi si distingue anche per questo. E’ la città in cui sono utilizzati più centri. Mentre i sindaci delle altre città hanno risposto picche alle proposte del prefetto, nella cittadina normanna l’innato spirito di accoglienza ha avuto il sopravvento, a quanto pare. Associazioni, operatori del settore e politici di vecchio e nuovo corso hanno risposto positivamente all’appello, mettendo da parte egoismi di parte, ed offrendo il meglio che l’emergenza imponeva. Funzionassero sempre così le cose in Sicilia!

E così, in men che non si dica, e sorprendentemente, sono sorti solo a Salemi ben sei CAS (Centro Accoglienza Straordinario): il centro MSSI sede in via Alberto Favara, nei locali di una vecchia pizzeria prontamente ristrutturata alla bisogna e gestito dall’associazione MSSI; ospita 41 persone su 45 posti, sono tutti uomini. La CORF, gestito dalla Cooperativa CORF, con una esperienza decennale nel settore, ospita 43 persone su 37 posti, tra donne e nuclei familiari. Il Centro Sicilia Bedda, gestito dall’Associazione Sicilia Bedda che si è sempre occupata di canzoni e danze folkloristiche, ospita 39 persone su 40 posti a disposizione. Il centro Terraferma, ad un tiro di schioppo dalla Corf (sorgono entrambi in ville residenziali), gestito dalla omonima onlus, ospita 33 persone su una capacità massima di 36. E ancora l’hotel a tre stelle Villa Mokarta, gestito da “ARCA Salemi”, con 149 ospiti su 150 posti disponibili, sono tutti uomini anche qui. E infine il Cas Fiumelungo, gestito dal Consorzio Solidalia, in cui sono ospitati 30 profughi, tutti uomini, su 30 posti disponibili, i cui residenti sono stati i protagonisti dell’ultima protesta. A turno infatti, gli ospiti di quasi tutti i centri hanno fatto sentire le loro lamentele. Sempre in forma pacifica, se si eccettua il ribaltamento di qualche cassonetto della spazzatura. Poca cosa, se si pensa alla notevole quantità di rifiuti ingombranti ( materassi, televisori, WC, divani) che spesso ci tocca vedere abbandonata dai cittadini.

Questa volta i giovani africani hanno messo tutto nero su bianco, è il caso di dirlo. E hanno inviato il loro cahier de doleance, scritto in un italiano approssimativo ma buono per farsi capire, alle autorità competenti. Chiedono di essere trasferiti dal Centro che ritengono non adatto alle loro esigenze. Si dicono “tristi” per le loro condizioni di vita. Distanti dal paese, in mezzo ad una boscaglia, nelle adiacenze di un torrente di acqua stagnante e puzzolente, ricettacolo di insetti, costretti a dormire in otto persone in una stanza priva di aria condizionata o ventilatore, due soli bagni per trenta persone, obbligati a mangiare la domenica il cibo cotto il giorno prima, privi di connessione internet che impedisce loro i contatti con le famiglie. Ma, quando siamo arrivati nella sede del Centro, la prima cosa che ci hanno indicato è stato un pozzo. Lo hanno riferito anche ai carabinieri e ai poliziotti intervenuti. Sono convinti che l’acqua che nei bagni e in cucina viene utilizzata provenga da quella cisterna maleodorante.

Tutte accuse rigettate dal personale presente, la psicologa Angela Manciaracina e l’interprete Maria Clara Riggio. E smentite, al telefono quando lo abbiamo raggiunto nel pomeriggio, dal rappresentante legale e vicepresidente del Consorzio Solidalia dottor Luciano Internicola. Una lunga esperienza, quella di Solidalia, ci dice. Opera nel settore con i Centri Sprar fin dal 2006. Oggi è impegnato nel portare avanti un progetto ambizioso denominato “ Colori d’Accoglienza”. Sono coinvolti vari comuni della Provincia: Vita, Paceco, C.mmare del Golfo, Buseto Palizzolo, Custonaci. Mentre il comune capofila è la città di Marsala. Mi conferma Internicola che è tutto è in regola, tutto secondo quanto previsto dalla convenzione sottoscritta in Prefettura. Ma mi assicura che alcune delle rivendicazioni cercherà di accoglierle. Come ad esempio, quanto prima fornirà loro un kit completo di calze, indumenti intimi, e l’equipaggiamento invernale. Che è anche in fase di attivazione una linea della Telecom per assicurare la connessione Internet e che per il pranzo domenicale cercherà di eliminare l’inconveniente. Per l’utilizzo dell’ acqua del pozzo la smentita è netta. In un primo momento, precisa, l’approvvigionamento idrico avveniva tramite una cisterna esterna all’abitato. Dopo, qualcosa non funzionò per il verso giusto. Da qui la decisione di rifornirsi affidandosi alle autobotti di una ditta di Castelvetrano, che attinge a fonti potabili certificati. E, in ogni caso, il Centro oggi è anche dotato di un depuratore e di erogatori con bottiglioni di acqua potabile fresca.

E tuttavia, questi giovani rifugiati pressano per andare via. Nella lettera inviata alle Autorità ad un certo punto scrivono sconsolati: “Non c’è nessuna attività sportiva in questo posto, si mangia e si dorme soltanto. Nei dintorni del Centro non c’è nulla d’interessante e nulla può renderci felici, siamo molto tristi.” Ecco. Sta tutto qui il succo delle loro rivendicazioni. Occorre accelerare i tempi del certificato.

La tristezza e la noia, alla lunga, potrebbero essere cattive consigliere.

E’ di questo che la gente semplice di Salemi ha paura.

Franco Ciro Lo Re