di Leonardo Agate - "La Trattativa" di Sabina Guzzanti, uscito l'altro giorno in 126 sale italiane, tra cui Marsala, sta registrando un flop. 3.500 spettatori in tutto. Eppure é stata una produzione molto pubblicizzata prima di essere chiusa con l'ultimo fotogramma e mandata al giudizio della gente. Giornali di una certa sinistra ne hanno decantato il merito.
Ho visto il film al "Centrale". Sono rimasto deluso. Unica consolazione l'animato dibattito che ho instaurato con gli amici alla fine della proiezione al tavolo di un bar.
Diciamo che ci sono andato prevenuto, non per la registra Guzzanti, ma per l'argomento che ormai da oltre un anno, o sono due?, mi viene proposto in tutte le salse, soprattutto nel processo in corso a Palermo, da dove i magistrati sono sul punto di prender l'aereo per Roma, con destinazione il Quirinale, dove interrogheranno il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, presunto trattatista, che però ha dichiarato di non saperne nulla.
La trama del film é un copia e incolla di dichiarazioni di magistrati e politici, estrapolate dal contesto in cui sono state rilasciate, che fanno intendere che la trattativa stato - mafia c'é stata. Fra pezzi copiati e incollati, il regista ha inserito ricostruzioni di personaggi e fatti finalizzati alla sua tesi. Addirittura, alla fine ha riempito di suoi pensieri la famosa agenda rossa di Borsellino, che mai si é trovata. E vabbé, se uno fa un film a tesi, deve cercare di rendere credibile quella tesi. Solo che la tesi proposta non ha né capo né coda, e probabilmente il processo in corso a Palermo dopo appelli e ricorsi la smentirà.
Non esiste nel codice un reato di trattativa stato - mafia. E' una frase sintetica per riferirsi all'ipotesi che nel periodo tragico della bomba a Firenze, in via Georgofili la notte del 26 - 27 maggio del 1993, poco tempo prima della discesa in politica di Berlusconi, i vertici dello stato hanno tentato una trattativa con i boss mafiosi - Salvatore Riina e Bernardo Provenzano - per evitare maggiori stragi, concedendo all'organizzazione criminale certi alleggerimenti di pene. Mediatore di questa trattativa sarebbe stato Vito Ciancimino, il sindaco mafioso di Palermo.
Nel film, il personaggio chiave é il figlio di Vito, Massimo, mostrato in pose da psicopatico. Sulle sue rivelazioni si fonda la tesi che si vuole sostenere. Non viene accennato il fatto che la veridicità di parte delle affermazioni di Ciancimino junior è stata smentita nel tribunale di Caltanissetta. Al regista non conveniva, salvo indebolire la sua tesi.
In questo processo fatto sul palcoscenico, con testimoni - attori all'unisono, senza la presenza della difesa degli accusati, si é anticipato un verdetto dei giudici, che é di là da venire.
Nella determinazione ideologica di accusare la classe politica, che ha i difetti tradizionali della società che riflette, Guzzanti compresa e con lei i suoi affezionati, si dimentica quell'aureo libretto che un tempo stava sul comodino degli statisti: Il principe di Machiavelli. Lo si leggesse di nuovo, si capirebbe che chi governa gli stati deve separare l'ideologia dalla politica, e condursi nella varie evenienze in modo da assicurare la potenza dello stato e il bene della collettività. Sostenere che, se un tentativo di trattare con l'organizzazione mafiosa per evitare stragi maggiori di quelle avvenute, é di per sé reato, vuol dire rifugiarsi nella morale e non aver capito nulla della prassi. E ricordatevi: i moralisti, specie quando hanno fatto politica, hanno prodotto in ogni tempo gran danno.
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