Aprite il nuovo tribunale di Marsala, senza se e senza ma. E’ quello che si chiede in questo articolo, con un ragionamento magari un po’ lungo, ma spero efficace.
Quando abbiamo cominciato, nel 2006, l’avventura di quello che allora si chiamava www.marsala.it, c’era intorno a noi un gran vuoto. Per la prima volta la comunità si confrontava con un giornale on line che svecchiava i termini e i modi del fare giornalismo, che cercava di essere di provincia - si - ma non provinciale, che sperimentava linguaggi e forme nuove, proponeva approfondimenti e inchieste.
Oggi, otto anni dopo, molte cose sono cambiate. Noi ci chiamiamo tp24.it, perchè siamo cresciuti e in molti ci facevano notare che non poteva portare il nome di una sola città un giornale che era il punto di riferimento di un territorio.
Intorno è cresciuto poi un po’ di tutto - la radura è diventata foresta - spuntano oggi giorno siti nuovi. La concorrenza è diventata tanta. Siccome in giro c’è molta ignoranza, poi, tutto si confonde, e ognuno fa la corsa ad avere più contatti, con ogni mezzo. E ci sono quelli che scrivono di incidenti stradali con perizia quasi pornografica, o trasformano piccoli incendi in devastanti cataclismi pur di suscitare attenzione, e quelli che mettono notizie pruriginose e a sfondo sessuale, i video buffi, le parodie, oppure si inventano contatti che non hanno, o lanciano l’allarme per l’Ebola o per le nuove multe in arrivo (perchè tanto lo Stato sempre ladro è), o copincollano i comunicati che arrivano con la speranza di poter un giorno incassare qualcosa, come si è fatto sempre, d’altronde.
Una volta c’erano poche notizie, bisognava cercarle con il lanternino. Adesso siamo invasi di notizie: tutti raccontiamo tutto, nel momento in cui accade.
Cosa distingue allora un giornale da un altro?
Secondo me, due cose. La prima è la capacità di essere professionali, di cercare continuamente di migliorarsi, di spostare l’asticella più in là. Se avete fatto caso alle ultime edizioni di TP24.IT, avrete notato che abbiamo messo una marcia in più: dalle presenze turistiche agli incidenti stradali fino alla sanità e ai giovani che emigrano, i nostri articoli, da un po’ di giorni a questa parte, sono pieni di grafici, tabelle, numeri. Nella confusione generale, per cui ognuno si alza e dice la sua, pretendendo di avere ragione, il giornalismo ha senso se riesce a dare cifre vere, punti d’appoggio per ogni eventuale discussione.
La seconda cosa che dà un senso ad giornale è la capacità di intervenire nella comunità, di denunciare con contezza di fatti gli sprechi e gli scandali. Noi lo abbiamo sempre fatto, non ci siamo mai nascosti dietro un dito, perdendo sul campo molte amicizie - e con un certo isolamento nella stampa locale che scontiamo ogni giorno - ma riscuotendo la fiducia di sempre più persone. Fare giornalismo è qualcosa di più complesso di un commento sagace, di un like su Facebook, di una notarella di biasimo ogni tanto. Il buon giornalismo è capace di sbloccare le opere pubbliche impantanate, migliorare l’amministrazione locale, cambiare il comportamento dei politici come delle persone.
E’ per questo che ormai da un mese la nostra redazione si è intestata la battaglia del nuovo tribunale di Marsala. Lo abbiamo fatto, come sempre, costruendo questo percorso piano piano, tassello dopo tassello. C’è a Marsala un tribunale nuovo che è pronto - tra un mese e rotti sarà consegnato alla città - e che è costato 15 milioni di euro. Ma a quanto pare gli uffici non si possono trasferire - abbiamo raccontato - perchè alcune stanze sono buie, l’aula penale ha delle colonne, e ci sono altre pecche. Abbiamo smosso il mondo, come sempre. Abbiamo preso carte, fatto telefonate, siamo riusciti pure ad entrare dentro questo edificio, bellissimo. Che ha si alcuni difetti, ma che è lì, ormai, pronto. Non può essere una colonna (una!) in una stanza di 200 metri quadrati a impedire questo trasferimento da una struttura ormai inadatta ad un nuova, capace di contenere tutti gli uffici per ora affittati qua e là. Non ci si può accorgere che le cose non vanno dopo che i lavori sono finiti. I responsabili di questo papocchio vanno individuati - se ci sono, e se tutto non finirà come sempre in commedia - e sanzionati. Ma per il resto, non ci sono scuse: tra un mese e mezzo, quando davvero anche l’ultimo cavo telefonico sarà posato, i collaudi fatti, l’ultima mano di stucco passata, il tribunale - tutto: procura, aule, cancellerie, uffici per ora sparsi qua e là - deve trasferirsi. Se qualcosa non va, pazienza, ci si adatta. Come per ora, nel vecchio tribunale, ci adattiamo a molte cose. L’antipolitica, le tensioni sociali, certa rabbia che sembra esplodere da un momento all’altro nelle nostre città, non la si combatte con gli slogan, nè con i tweet, nè con le promesse di questo o quel governo. Ma con le buone pratiche. Un tribunale nuovo e pronto può diventare una buona pratica che aumenta il senso della fiducia di me cittadino nelle istituzioni, o l’ennesimo cattivo esempio di come nulla cambi. A chi di dovere, la scelta.
Giacomo Di Girolamo
Un poscritto. Lo scorso fine settimana, su questo giornale, nella sua rubrica "Battibecco", Leonardo Agate si è avventurato in un pezzo che mi è sembrato fuori tono, rancoroso, eccessivo. Pur confermando a tutti, ma ovviamente senza abusarne, gli spazi di libertà di pensiero e polemica su TP24.IT (anzi, i pensatori controcorrente da noi sono sempre ben graditi), mi dispiace, nell'interesse soprattutto dei lettori, che sia scaduti così sul personale.