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04/11/2014 06:47:00

La mafia? Per i politici di Castelvetrano (e non solo) è tutta una questione di educazione

 Doveva essere un gran maleducato il boss Matteo Messina Denaro quando era un ragazzino. Buttava la carta a terra, sicuro. Avrebbero dovuto capirlo subito che sarebbe diventato il numero uno di Cosa nostra: mangiava a bocca aperta, non dava il bacio della buonanotte, la domenica per il bagnetto erano dolori.

Venerdì scorso, che era il 31 Ottobre, ho assistito ad un consiglio comunale aperto, a Castelvetrano, convocato per discutere il classico tema vasto: la lotta alla mafia e le iniziative per affermare la legalità. Era la prima volta che nella città tristemente nota alle cronache per essere una “capitale” di mafia veniva trattato apertamente il tema. L’occasione era data dalla coraggiosa denuncia di un’imprenditrice, Elena Ferraro, che ha fatto prima arrestare e poi condannare per un tentativo di estorsione un parente stretto di Messina Denaro, e proprio nella sua città.

Essendoci in abbinata le parole “mafia” e “legalità” non potevano mica mancare i campioni dell’antimafia che più antimafia non si può, Rosario Crocetta e Beppe Lumia. Poi c’erano il Prefetto, il direttore dell’Asp, tutta una schiera di deputati, politici di ogni ordine e grado, parecchi cittadini.

Nell’ordine, nelle due ore e mezza in cui sono stato presente (poi, più delle ragioni dell’antimafia, poterono le ragioni della cena) ho assistito ad alcune scene interessanti.

Il deputato Mimmo Fazio che si commuove perchè racconta che anche lui ha subìto da imprenditore tempo fa un’estorsione, come Elena Ferraro, e sa cosa si prova.

Il deputato Lo Sciuto, che dice che la sua città, Castelvetrano, è vittima di attacchi “speculari” di quelli che parlano sempre di mafia e mafia e mafia.

Un consigliere comunale che legge due paginette su legalità e dintorni prese da chissà quale blog combattente e resistente. Solo che ad un certo punto si confonde, e allora dice che oltre la mafia va combattuta anche l’ “elefanteria” della burocrazia.

Il deputato Nino Oddo che ricorda che Crocetta, il suo Crocetta, ha fatto tanto per la legalità, tanto da aver nominato Antonio INGRAO commissario della provincia di Trapani. E’ Antonio Ingroia, lo richiama qualcuno. Scusate, sorride lui, prego, sorridono gli altri. Risatine.


Il consigliere comunale Vaccara, mi pare, che dice: basta con questa antimafia. Io non sto né con la mafia né con l’antimafia, dice. E basta! Se ci fosse uno stenografo annoterebbe: vivi applausi dai banchi. Io non sono “contro”, dice un altro consigliere, La Croce. Basta, con questa cultura del contro, io sono “per”. Non sono contro la mafia, ma per la legalità. Bravo, altri applausi dai banchi. 

Ora qualcuno farà notare la gravità delle sue parole, penso: questo confondere la lotta alla mafia come una lotta politica, quasi fosse un fatto ideologico o una specie di movimento per la liberazione della Sicilia. La mafia è criminalità organizzata. Dire di non essere nè con la mafia nè con l’antimafia significa dire di mettere sullo stesso piano le vittime e i carnefici, gli estortori e le vittime.

Avrei potuto farlo io, certo. Io sto con l’antimafia, avrei voluto dire. Senza se e senza me. Anche se molte cose non mi piacciono, del modo di fare antimafia (questo consiglio comunale vuoto e retorico, ad esempio), ma non ci sono dubbi: io sono contro la mafia. E invece non ho parlato, sia perchè c’erano altri illustri interventi in programma, sia perchè - ho ingenuamente pensato - qualcuno bacchetterà il consigliere. Invece, niente.

Anzi, è venuto fuori come un venticello. E tutti, ma proprio tutti gli intervenuti, a cominciare dalla senatrice del Pd Pamela Orrù, fino all’ultimo dei consiglieri comunali, hanno tirato fuori la solita tiritera che si usa quando si parla di legalità e di lotta alla mafia: dobbiamo cominciare dalle scuole, educando i ragazzini, ad esempio a non buttare le carte per terra.

Non si buttano le carte per terra, ha cominciato la senatrice. I ragazzini devono tenere pulito, ha fatto eco il consigliere. Si deve insegnare l’educazione civica nelle scuole, ha ribattuto un altro. E via, di proposta in proposta, sempre sull’asse ragazzini - buona educazione.
I nostri figli devono…. i nostri figli devono … i nostri figli devono…

Fuori dai denti: a me questa cosa mi manda in bestia. Questa cosa dei figli nostri e della buona educazione da imparare per lottare la mafia. La litania della lotta alla mafia che comincia insegnando la buona educazione ai figli. Davvero non ce la faccio più. “La lotta alla mafia comincia mettendosi il casco”, “I giovani devono imparare a dire no alle raccomandazioni”, “Non si devono buttare cartacce in giro”.

Il tutto detto, ai giovani, da genitori che trufferebbero pure il Padreterno, potendo, per avere l’auto di ultima generazione o lo smartphone con effetti in 3D, che spesso sono imbucati in qualche posto per via di una raccomandazione, e che hanno un concetto dell’ambiente tale da aver reso questa terra il posto con la più alta percentuale di abusivimo in Europa.

E poi non è solo questo. Perchè ci sta, dire ai ragazzini di mettersi il casco, eccetera, ma la mafia è un' altra cosa. Ed è grave che senatori, deputati, politici di ogni ordine e grado ancora confondano la mafia, un’organizzazione criminale, come una specie di lega degi sporcaccioni, dedita ad annidare lo sporco più ostinato, come nelle reclame in televisione. Se fosse così dovremmo ricordare non il sacrificio di Paolo Borsellino, ma l'eroismo quotidiano di Mastro Lindo. Ho conosciuto decine di mafiosi in vita mia. Non ne ho mai visto uno comportarsi incivilmente. Mi ricordo di Gaetano Riina, fratello di Totò, oggi in galera. Un giorno in quel di Tonnarella, a Mazara del vallo, mi lasciò il posto libero mentre cercavo parcheggio e avevo difficoltà a fare manovra. Mi aiutò lui. Che persona gentile, pensai. Solo dopo, quando fu arrestato, mi accorsi che era lui: stessa faccia, stessa aria, stessa polo a righe. Ma è risaputo, se solo si studiasse un po’, che la mafia ha come primo interesse la pulizia e l’ordine pubblico, per non attirare attenzione. Nei paesi dove forte è la presenza mafiosa, statistiche alla mano, bassa è la presenza della microcriminalità.

Ecco perchè è una bestialità dire ai ragazzi che per lottare alla mafia non bisogna posteggiare in doppia fila. Oppure insistere su questa cosa, altra frase terribile ripetuta allo sfinimento in quella sede: insegnare ai ragazzi la cultura della legalità.

Ma a parte, insisto, che la generazione che ha preceduto questi ragazzi non può insegnare nulla,  la cultura della legalità non esiste, esiste la cultura e basta. E la mafia si lotta studiando.  Imparando l’italiano, innanzitutto. Sia perchè è triste, in un consiglio comnuale aperto contro la mafia, dover sentire questa continua violenza alla grammatica, sia perchè, come insegnava Don Milani e come abbiamo tutti sperimentato nella vita, è il numero di parole che sappiamo e che sappiamo usare che ci difende dai soprusi, nel mondo. Altro che legalità, a Castelvetrano ci vorrebbe un consiglio comunale aperto per difendere l’analisi logica.

Ci ha pensato Crocetta, a richiamare tutti all’ordine, quando è intervenuto: non si può dire di essere nè con la mafia nè con l’antimafia, perché è come dire di essere con la mafia; e non si può ridurre la mafia ad un fatto di buona educazione. Poi, come al solito, anche lui è trasbordato, come la sua mole (si va gonfiando, Crocetta, ho notato, o forse è la nuova tintura dei capelli che mi inganna…) e ha detto che in ogni consiglio comunale della Sicilia c’è almeno un consigliere eletto dalla mafia. Ci doveva mettere per forza il carico da undici, se no non era contento.

Dopo Crocetta, parla un altro consigliere comunale, che dice che la solidarietà all’imprenditrice Ferraro è stata già espressa ILLORE TEMPO. Proprio così: ILLORE TEMPO! Ma la palma dell’intervento più brillante va a un altro consigliere (Francesco Bonsignore, è anche vicepresidente del consiglio comunale)  che prima ha dato la solidarietà a Elena Ferrante "CON TUTTA LA MIA RETORICA" e poi ha denunciato un fatto grave: basta con la mafia, ha detto, perchè non è più possibile tutta questa cattiva pubblicità che ci sta facendo. Persino una buttana di Barcellona l’altra volta mi ha detto: siciliano? mafioso. Ha detto proprio così, il consigliere: persino una buttana di Barcellona mi prende in giro. Povero consigliere deriso sulla Rambla mentre cercava magari di accontentare qualche curiosità.  Ho pensato: ora il consiglio gli darà solidarietà.  Ma quando mai. Anzi, il presidente del consiglio comunale si è arrabbiato: non usi questo linguaggio, ha urlato (avrebbe potuto dargli del mafioso, dato che è stato un po’ vastaso….), lei non guarda la televisione, presidente!, ha ribattuto quello E vai con il parapiglia. E’ sempre quella, la maleducazione, che scalda gli animi, qui a Castelvetrano.

Che teatrino, qualcuno può pensare. E invece no, c’è sempre da imparare, in questi casi. Perchè uscendo dal Palazzo Pignatelli, sede del consiglio comunale di Castelvetrano, nel mio tragitto verso l’auto, ho voluto applicare il metodo “carta a terra” così elogiato per verificare la presenza della mafia a Castelvetrano. Ho controllato tutte le basole della piazza, cercato nelle aiuole, scrutato sotto qualche panchina, e posso dire che si, nonostante la presenza di orde di ragazzini vestiti da maghi e streghe (era la sera di Halloween) non c’era un’ombra di cartaccia a terra. Se tanto mi da tanto, se ho imparato bene la lezione, allora, potete dormire sonni tranquilli: a Castelvetrano la mafia non c’è.

Giacomo Di Girolamo