La condanna a quindici anni di carcere, per concorso in sequestro di minorenne, è stata invocata dal procuratore generale della Corte d’appello per Jessica Pulizzi, principale imputata nel processo di secondo grado per il sequestro di Denise Pipitone, scomparsa da Mazara l’1 settembre 2004. All’epoca, la bambina aveva poco meno di quattro anni. Nel corso del processo d’appello, celebrato davanti la terza sezione, presieduta da Raimondo Lo Forti, è venuta fuori un’intercettazione ambientale effettuata 40 giorni dopo la scomparsa della piccola in cui, secondo il perito Mendolìa, si sente Jessica Pulizzi che sussurra alla sorella minore Alice: “Eramu n’casa… a mamma l’ha uccisa a Denise”. Ma un altro perito nominato dalla stessa Corte d’appello (Delfino) ha, successivamente, affermato che la clamorosa frase “in parte non si sente”. Jessica Pulizzi, adesso 28enne, figlia dello stesso padre di Denise (Piero Pulizzi), il 27 giugno 2013 fu assolta dal Tribunale di Marsala “per non aver commesso il fatto”, anche se con la formula del secondo comma dell’articolo 530 del codice di procedura penale. E cioè per “mancata o insufficiente formazione della prova”. Anche i pm del Tribunale di Marsala (Sabrina Carmazzi e Francesca Rago) avevano invocato la condanna a 15 anni di carcere. Ovvero, il massimo della pena per questo reato. “Una serie di indizi chiari, univoci e convergenti – affermarono i pm di Marsala nella requisitoria - inducono a ritenere che Jessica sia stata l’autrice del sequestro. E’ colpevole senza alcun dubbio. Anche se non può aver agito da sola”. Per false dichiarazioni al pm, il Tribunale di Marsala condannò, invece, a 2 anni di reclusione Gaspare Ghaleb, 29 anni, ex fidanzato di Jessica. Per lui, adesso, il procuratore generale della Corte d’appello ha invocato il non luogo a procedere per prescrizione del reato. Denise Pipitone sparì nel nulla tra le 11.45 e le 11.50 del primo settembre 2004. Stava giocando davanti casa, in via Domenico La Bruna, mentre la nonna materna (Francesca Randazzo), cui era stata affidata, stava preparando il pranzo e di tanto in tanto la controllava attraverso l’uscio. L’ultimo a vedere Denise sarebbe stato un cuginetto che abitava poco distante. Alla terza udienza del processo di primo gradò, Piera Maggio, madre di Denise, dichiarò: “Ho detto subito agli inquirenti quali erano i miei sospetti in merito alla scomparsa di mia figlia. Poi, Gaspare Ghaleb mi disse che ‘l’odio porta a pensare a cosa brutte e che Jessica gli aveva detto che io le avrei rovinato la vita e per questo me la doveva fare pagare”. Il processo d’appello proseguirà il 22 maggio, quando interverranno i legali di parte civile: Giacomo Frazzitta (per Piera Maggio), Luisa Calamia (per Tony Pipitone, ex marito di Piera Maggio) e Vito Perricone (per Piero Pulizzi).
Dopo la requisitoria del pg Rosalba Scaduto, l’avvocato Giacomo Frazzitta ha dichiarato: “L’istruttoria dibattimentale d’appello ha fatto registrare un passo in avanti per l’accusa, perché mentre in primo grado i giudici non avevano considerato assolutamente la questione relativa a polizia e carabinieri che nel primo pomeriggio del giorno del sequestro sono entrati a perlustrare l’appartamento sbagliato (“Anna Corona, madre di Jessica Pulizzi – dissero gli inquirenti – ci indusse in errore”, ndr), adesso la Procura generale dice che quella è condotta indiziante diretta a nascondere qualcuno o qualcosa riguardante proprio Denise Pipitone. Il quadro indiziario a carico dell’imputata, già consistente, si è, quindi, certamente aggravato in appello. Anche in considerazione del fatto che le intercettazioni hanno, intanto, confermato tutta la dinamica già oggetto di altre due perizie. La Procura generale, inoltre, ha ritenuto inattendibili e mendaci le dichiarazioni dell'imputata, in quanto tardive e smentite dai fatti. Inoltre, ha riconosciuto valore confessorio alla frase “quannu eru cu Alice...a casa c'ha purtà”, in quanto inserite in un contesto logico argomentativo in cui si parlava di Denise e della fine che la stessa aveva fatto”. Intercettazione ambientale, quest’ultima, relativa a un dialogo tra Jessica Pulizzi e la madre Anna Corona, registrata l’11 settembre 2004 al commissariato di Mazara del Vallo, mentre le due donne erano in attesa di essere interrogate. Questo, invece, il commento di Piera Maggio: “In appello sono emersi molti più indizi a carico di Jessica Pulizzi rispetto al processo di primo grado. Tutti indizi, univoci e concordanti, che portano a lei. Non è mai saltata fuori un’alternativa. In questo processo d’appello è emerso, senza ombra di dubbio, che il primo settembre 2004 Anna Corona fece entrare e polizia e carabinieri nell’appartamento a piano terra della sua vicina di casa, facendo capire che quella fosse casa sua. Sensazioni in vista della sentenza? I miei sentimenti sono molto contrastanti. Non mi voglio sbilanciare. Ho notato, però, che la Corte sta conducendo il processo in modo serio e rigoroso. I giudici sono molto attenti. Mi auguro soltanto che stavolta si arrivi a mettere un chiodo in quella famosa staccionata sulla quale, da quasi undici anni, attendiamo giustizia. Spero che venga fuori la verità, quella che poi tutti noi sappiamo qual è. Non solo io. Anche il procuratore generale ha chiesto, infatti, il massimo della pena previsto per il reato di sequestro di minorenne”.