Che fine ha fatto il Piano Strategico di Marsala? Rischia di diventare, come è successo in altri comuni, carta morta, tanta fatica per nulla. O c'è ancora possibilità di vedere almeno qualche punto attuato?
Era stato pensato ai tempi dell’amministrazione Galfano,e in linea con quanto succedeva in altre città italiane. Oggi, poco o nulla è stato seguito dalle amministrazioni di quello che ingegneri, architetti, professionisti di ogni ordine e grado, con la partecipazione pubblica, avevano pensato. Marsala 2020, le idee strategiche per la città, una programmazione di interventi di lungo periodo, la cui attuazione spetta all’amministrazione comunale.
Cosa ne è rimasto di quel documento, approvato, in via definitiva, tre anni fa. “Rimane un documento attivo che però ha bisogno di essere rivisto per capire se è in linea con l’attualità - ci dice Giuseppe Volpe, coordinatore operativo del gruppo di professionisti che hanno predisposto il Piano - abbiamo messo in sinergia il sapere tecnico della città per predisporre una visione di città. La forza del Piano è che è partecipato, ripercorre i bisogni della città. Ma il vero problema è come attuarlo”.
Il documento definitivo traccia delle linee programmatiche, messe a punto dalla partecipazione di più soggetti, su diversi ambiti. Alcuni di questi punti sono stati presi in considerazione, più che altro perchè se ne parla da anni in città, dai candidati sindaco delle ultime elezioni. Ad esempio sulla mobilità il progetto del Tram-Treno di Massimo Grillo. Sullo sviluppo di Marsala meta turistica Alberto Di Girolamo ha inserito nel suo programma il sistema museale unitario, col biglietto unico.
Ma molto altro c’è nel Piano, come la creazione di una rete ecologica efficiente, in grado di generare un alto tasso di differenziata nel territorio. O ancora sistemi economici di efficientamento energetico. E poi la creazione e valorizzazione di parchi territoriali, dal Sossio alla Colmata alla riserva dello Stagnone. Il comandamento principale, però, del Piano strategico è quello di fare rete. “E’ nato proprio per questo - aggiunge Volpe - ad esempio le amministrazioni lavorano per settori, ma scollati l’uno all’altro. Ma l’attuazione del Piano non è demandata solo alla’Amministrazione comunale. Penso alle cantine storiche di Marsala. Penso al polo enologico formativo dell’Istituto Agrario, che opera nella formazione in ambito agrario”. E il vino è uno dei punti centrali, che nel rispetto della sinergia totale dei settori economici, abbraccia tutto. Per questo si parla anche di Waterfront Florio, di rete delle cantine. Di centralità del prodotto e dell’identità della città col vino. E qui viene in mente Marsala città europea del Vino 2013. Il riconoscimento ottenuto dall’allora amministrazione Adamo. Qualche linea del Piano su questo fronte, quello della comunicazione della pubblicità del prodotto, inteso come città e come vino Marsala, era stata attuata. Ma sappiamo bene che il riconoscimento Recevin è stata un’occasione persa per la città, occasione per organizzare sagre ed eventi di poca caratura. “La strategia prevedeva una azione di posizionamento della città, anche in tema di comunicazione, sul panorama internazionale con una identificazione forte e stabile. Non è andata così”. E adesso? Gli interventi sono tanti e forti perchè, appunto, nati dalla partecipazione. C’è il problema dei soldi. Il comune di Marsala non ha un quattrino. “Ma si deve essere bravi ad attirare fondi europei. L’Ue privilegia le città dotate di strumenti di pianificazione nell’erogazione dei fondi”. Perchè in tutti i bandi si chiede a quale strategia programmatica e di sistema quel singolo progetto risponde. A Marsala , però, spesso quello che manca è lo spirito di collettività. La capacità di fare rete.