di Dino Agate - E' morto il cardinale Giacomo Biffi, e mi sento più solo. Aveva 87 anni, ma da tempo era ricoverato in una clinica bolognese, dove si é spento. Per la malattia, aveva avuto amputata una gamba, e soffriva molto, ma non voleva che la sua sofferenza trapelasse. Ordinato sacerdote nel 1950, insegnò teologia nei seminari milanesi. Ha scritto diverse opere di successo, sciorinando il suo pensiero schietto, senza timore di essere accusato di conservatorismo, anche se sapeva che lo sarebbe stato certamente. Ha retto la diocesi di Bologna per quasi vent'anni fino al 2003. Predicò, per incarico di due papi, Benedetto XVI e Giovanni Paolo II, gli esercizi di quaresima in Vaticano.
Era stato sempre un prete contro, non nella categoria pervasiva cui siamo abituati dai tempi del Concilio Vaticano II. Lui stava dalla parte della tradizione, di quella fatta di conoscenza dei problemi dell'umanità e di approfondimento della fede cattolica nei suoi testi classici, primo fra tutti il Vangelo. Non si dedicò solo ad amare il suo popolo e a somministragli il frutto del suo sapere religioso. Intervenne, con la parola e gli scritti, sugli aspetti della modernità, in cui siamo immersi.
Era profondo e gioviale al tempo stesso. Amava le fettuccine alla bolognese con un buon bicchiere di lambrusco e la figura di Cristo, perché in lui il senso della religione non era disgiunto dalla materialità del corpo, che pure Dio ci ha dato.
Della Rivoluzione Francese diede un giudizio tranchant, che é rimasto celebre: ha sacralizzato la violenza ed ha esportato il sistema metrico decimale. A parte la battuta che può far sorridere o risultare indigesta agli storici ad una dimensione, la Rivoluzione Francese fu realmente edificata su un fiume di sangue, e ne scorse per un paio d'anni, prima che i rivoluzionari moderati ghigliottinarono quelli violenti. Contemporaneamente, le nuove idee libertarie e scientisce si fecero strada nel mondo.
Nella Bologna rossa, rappresentò il papa nero, ed ebbe denunce e contrasti con i progressisti a tanto il chilo, che volevano rimuovere dalle pareti di una chiesa la raffigurazione, di ispirazione dantesca, di Maometto all'Inferno. La spuntò sempre lui, e la Bologna rossa, la maggior parte che non era esacerbatamente rossa, gli voleva bene. La etichettò pure bene: "sazia e disperata".
Di quanto non sia amato dai teologi di sinistra, e nemmeno dall'intelligenza sinistroide, é evidente da ciò: la notizia della sua morte non é citata nella prima pagina del Corriere. Solo un articolo in cronaca, senza alcun richiamo in prima, dove sono richiamate altre notizie insignificanti.
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