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14/12/2015 11:30:00

Al Baluardo Velasco Claudio Forti va forte

di Dino Agate - Al Baluardo Velasco é stata rappresentata una pièce, costituita da tre racconti, di Claudio Forti, pure attore nell'opera assieme a Salvo Ciaramidaro, pure regista, e a Diana D'Angelo. La musica d'accompagnamento era di tono opportunamente dimesso, trattandosi di lavoro incentrato sulla recitazione della parola.

Il piccolo teatro, per l'occasione, avrebbe meritato di essere pieno, ma i marsalesi a quell'ora preferiscono "a cassariata". E si sono persi questa rappresentazione eccezionale, soprattutto nei testi, ma anche nella regia e nella recitazione.

Abbiamo a Marsala la fortuna di questo piccolo teatro, il Baluardo Velasco, che spesso sorprende per l'originalità delle opere del cartellone, ed ha sorpreso eccezionalmente quest'ultima. Ho apprezzato in altre occasioni l'opera di Claudio Forti, che con sacrifici anche economici tiene in vita da anni una tradizione teatrale che, se non ci fosse, lascerebbe la città impoverita.

La prima parte della pièce racconta di uno strano caso: un giorno una limousine nera si ferma di botto in una via davanti ai bidoni della spazzatura, per poco non arrotando un povero cristo che sta andando ad aprire il suo negozietto di libri. Escono dalla possente auto tre individui, in impeccabili abiti neri come la pece. Tirano fuori, i tre, un paio di pesanti sacchi neri con l'intenzione di buttarli nell'apposito contenitore per i rifiuti. Solo che si accingono a farlo in quello sbagliato. I sacchi sono neri, e quindi dovrebbero essere buttati nel contenitore nero, non in quello bianco della carta. Tra l'altro, il libraio capisce, dal peso dei sacchi trasportati, che non possono contenere carta, ma roba ben più pesante. Il libraio é persona d'ordine e di principi, ed invita i tre a mettere i sacchi nel contenitore nero. A questo punto comincia una discussione esilarante tra il libraio, che insiste, ed i tre che disquisiscono sul vero colore dei sacchi. Alla fine, per far accertare al libraio che dentro i sacchi c'é davvero carta, gli permettono di aprirli. E difatti il libraio accerta inorridito che dentro ci sono resti umani... Riesce a chiamare la polizia, che arriva. La telefonata alla polizia il malcapitato libraio l'ha fatta dal cellulare di uno dei tre dell'auto nera. Così che, arrivati prontamente i gendarmi, é facile ai tre loschi individui far credere che colui che voleva depositare i sacchi orribili era il poveruomo del libraio.

Il secondo racconto riguarda l'originale caso di un uomo maturo e senza prospettive, che s'imbatte un pomeriggio, passeggiando, in un'agenzia di pompe funebri. Attratto inspiegabilmente da una bara in esposizione, entra quasi senza accorgersene, ed inizia una discussione sul più e sul meno con un morto che dalla bara parla. La figlia di quest'ultimo, una bellissima ragazza, ha perso la parola per un trauma, e sembra che l'incauto avventore, per la sua età e per il giorno in cui é entrato nel negozio, sia la persona giusta per far riacquistare la parola alla bella. Sarebbe, insomma, il cavaliere che con un bacio, anzi un amplesso, potrebbe liberarla dal suo male. Così giacciono, l'avventore e la bella, nella bara, lasciata all'uopo vuota dal cadavere del padre di lei. Tutto bene quel che finisce bene. Dentro il raso della bara le ore trascorrono dolcissime. Tutto bene, perché la bella riacquista la parola un tempo perduta. Un solo intoppo, però notevole: il cavaliere favoloso ha perso lui la parola.

Nel terzo ed ultimo racconto, un pensionato scopre che di giorno in giorno ridiventa più giovane. Per lui le lancette dell'orologio scorrono, e velocemente, all'incontrario. In pochi giorni ridiventa maturo, poi giovane e infine bambino, addirittura neonato che fa accorrere coi suoi vagiti i vicini. Verrà adottato da una famiglia, e tornerà a crescere come un comune bambino. Ma a dieci anni a scuola sarà un genio.

Claudio Forti ha sintetizzato, in un'ora e mezza, quanto dura la rappresentazione, il surrealismo irlandese di Samuel Beckett, quello spagnolo di Salvator Dalì, quello italiano di Achille Campanile, con la caratteristica pirandelliana di una scrittura discorsiva e fluente.