Anno nuovo, vita nuova! Da quest’anno basta pensare al maschile. La nota linguista, Alma Sabatini, ha dettato da tempo le nuove regole con il suo Il sessismo nella lingua italiana e le Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana, e ha perfettamente ragione. Bisogna cambiare la struttura del pensiero per esprimersi in maniera non discriminante. Era il 1987, ma le cose non sono cambiate granché per le donne che lavorano, come dire: da qualche parte bisognava pur cominciare. Ora sappiamo che ad avere queste difficoltà sono: la vigile, l’avvocata, la professora (qualcuno dovrebbe aggiornare il correttore di word, lo segna ancora rosso), la ministra… anzi no, la ministra non dovrebbe avere grossi problemi. Le parole sono importanti! dice il buon Moretti, ma neppure i fatti scherzano, aggiungo io. Ora però resta il grosso problema delle parolacce. Perché non se ne occupa nessuno? Come faccio a insultare mantenendo un linguaggio di genere? Mi hai rotto le ovaie! Al massimo suscita ilarità nel destinatario, ed è umiliante non essere credibile in situazioni così delicate. Temo che ci vorrà un bel po’ di tempo prima che l’insulto di genere assuma dignità di parolaccia e sarà questo il vero segnale di cambiamento. Non sono completamente d’accordo, invece, su tutti gli operatori: ecologici, scolastici, agricoli, sanitari, etc. Che c’era di male nel: netturbino, bidello, contadino, infermiere? Ma forse è un problema mio. Passiamo ora alla spinosa questione del come chiamare un portatore di handicap, a suggerirmi la risposta è un amico paraplegico: chiamatemi pure handicappato – dice- adottate il termine stronzodotato per tutti quelli che occupano impropriamente il posto auto a me riservato. Bisognerebbe informare Alma Sabatini. Insomma, dovrei parlare di libri e mi tocca cominciare dalle parole. Il politicamente corretto, in alcuni casi, pare abbia dato solo cittadinanza all’ipocrisia, sto pensando a quelli che non chiamerebbero mai negro una persona di colore, ma non lasciano mai loro una moneta all’uscita del supermercato. La monetina, in genere, la lasciano quelli che non frequentano il politicamente corretto. Quelli che chiamano ancora licenziamento di massa la ridistribuzione delle risorse umane, o aggressione militare la guerra preventiva, e ancora Terzo Mondo i Paesi in via di sviluppo. Se è vero, come è vero, che le parole sono importanti mi chiedo: a chi conviene, in questi casi, edulcorare i fatti stravolgendo le definizioni? Una cosa è certa, non conviene mai ai beneficiari, anzi alle vittime. Detto ciò torno a fare la libraia rompiscatole (termine asessuato) e vi consiglio due libri dello stesso autore. La manomissione delle parole e Con parole precise di Gianrico Carofiglio.
Il mio augurio politicamente scorretto per questo nuovo anno: un prospero anno nuovo a tutte le persone perbene e uno merdoso a tutti gli altri.
Katia Regina