di Dino Agate - Prima o poi la legge sulle unioni civili sarà approvata dal parlamento. Non so se sarà questo ddl Cirinnà bis, o qualche altro provvedimento che potrebbe sostituirlo, ma sono sicuro che ormai si é in dirittura d'arrivo. Potrebbe pure cadere il governo sulla mancata approvazione del disegno di legge, ma il governo che lo sostituisse si troverebbe a dover affrontare lo stesso argomento.
Le unioni tra le persone dello stesso sesso costituiscono ormai un numero consistente, ed é giusto che il parlamento si prenda cura di loro con una apposita regolamentazione.
Già, la regolamentazione...ma quale? Il problema é fra i più complessi e pruriginosi. Veniamo, in Italia, da una tradizione imbevuta di maschilismo e di cattolicesimo. Tanta strada é stata fatta da quando i rapporti omosessuali erano guardati con disprezzo o con sarcasmo. Anche se quei tempi non sono tanto lontani, ormai a metà degli italiani non fa più caso osservare in società i rapporti omosessuali. A buona parte della popolazione destano ancora attenzione, ma non più riprovazione.
Non é tanto il diritto, la morale o l'etica a impedire che si possa parlare di matrimonio tra due uomini o due donne, quanto il buon senso. La parola "matrimonio" è stata da sempre legata all'unione tra un uomo ed una donna con lo scopo di formare una famiglia possibilmente allietata dalla nascita dei figli. Su questa famiglia é stato costruito lo stato.
Sarebbe come inquinare il concetto di matrimonio se si consentisse la sua applicazione pura e semplice alle unioni omosessuali. Il marito e la moglie, nel matrimonio, perpetuano le condizioni della sopravvivenza del popolo. I due omosessuali, nella loro unione, non prevedono la procreazione. La loro unione ha finalità più limitate rispetto al matrimonio.
Eppure può capitare che uno dei due omosessuali che decidono di convivere, e chiedono l'approvazione pubblica, abbia già o potrà avere in seguito una propria discendenza. Come regolarla? In questo caso non sembra che si possa negare l'adozione da parte dell'altro convivente.
Diverso appare il caso in cui i due omosessuali, senza figli propri, volessero adottare uno o più figli di altre persone. Mi sembra che la richiesta sia abnorme. Se avessero voluto avere figli, avrebbero potuto contrarre matrimonio con persona di sesso opposto. Avendo scelto di unirsi a persona del proprio sesso hanno privilegiato aspetti diversi dalla procreazione. Si contentino, allora, di avere riconosciuta legalmente la loro particolare unione, per ogni conseguente effetto; adottino pure i figli loro, già avuti o sopravvenuti, e lascino l'idea balzana di poter adottare anche i figli degli altri. Lascino che i bambini degli altri continuino ad essere esclusiva dei loro genitori o di altri coniugi che, uniti in matrimonio, possano adottarli.