Daniele Nuccio consigliere comunale di Cambiamo Marsala, cosa ci dice sulla vicenda dell’ex autista degli scuolabus che ha tentato di darsi fuoco in comune.
E’ una vicenda che ha un tasso così elevato di drammaticità che l’ultima cosa che possiamo fare come classe politica è alimentare le polemiche o fare in modo che questo diventi un terreno di scontro. C’è un problema reale in questa città e in tutto il paese. Un caso come questo, però, rimanda ad alcuni atteggiamenti che nel passato, negli ultimi trent’anni hanno caratterizzato la vita pubblica, le assunzioni…
Cioè?
Ripeto non bisogna strumentalizzare la cosa.
No, ma bisogna parlarne. Strumentalizzare è quello che si legge sui social network in cui s’è detto: “Questo sindaco deve andare a casa”, che non c’entra nulla con la vicenda.
La politica per troppo tempo non si è interrogata su cosa stava accadendo, ed è il caso di iniziare a farlo. Se in questa città si ritiene che le amministrazioni pubbliche, i sindaci o i consiglieri devono sostituirsi all’ufficio di collocamento è qualcosa di sbagliato. Negli ultimi trent’anni, forse, in alcuni casi, in alcune situazioni ha funzionato così. Quando la macchina si ferma perché fondi non ce ne sono più, bisogna ottimizzare la spesa, allor,a ecco che qualche nodo comincia a venire al pettine. L’unica risposta che possiamo fare è quella di dare risposte reali e far percepire alla città, alla comunità, che si sta operando in un’altra direzione.
E ci riesce in questo momento l’amministrazione marsalese?
Ci si sta provando con tutte le difficoltà del caso. E’ sempre questione di bilanci. Se lo Stato trasferisce ai comuni sempre meno, se la Regione, e si vede ogni giorno quello che succede lì, se saltano, ad esempio, 180 milioni dell’agricoltura che dovevano andare al biologico ad 8 mila aziende, se la burocrazia regionale non riesce a garantire fondi che ci sono o ci sarebbero, facendo un bando corretto, se questo non avviene significa che 8 mila aziende rimangono indietro con tutte le migliaia di lavoratori coinvolti. La politica deve fare questo, intercettare questi fondi per lo sviluppo.
A Marsala succede che l’amministrazione rimodula il servizio scuolabus. C’è da fare la gara e ci si accorge che il servizio è sproporzionato rispetto all’utenza. Costa 700 mila euro in meno perché si fa un’operazione di proporzionalità del servizio rispetto alla domanda. In passato era una domanda piccola e un servizio troppo grande. E’ chiaro che facendo questo discorso, ora sono stati tagliati 15/20 posti di lavoro, tra i quali quello del signore che ha deciso di protestare in quella maniera estrema. Come si fa a spiegarlo ad un padre di famiglia. C’è da un lato il bene collettivo, ma dall’altro lato anche il pane da portare a casa.
Tutti vorremmo avere la bacchetta magica, ma bisogna scontrarsi con la realtà. C’è una deriva in questo momento che rischia di diventare pericolosa. C’è la caccia all’uomo, l’identificare una persona che fa politica come il responsabile di tutto o equiparare tutti. Non è giusto dire che i dipendenti sono tutti ladri, non è vero, c’è tanta gente che lavora e bene, e probabilmente ci sono altri che potrebbero fare di più. La politica non è tutta sullo stesso piano e ovviamente ci sono responsabilità diverse. Chi ha amministrato questa città negli ultimi vent’anni e magari sedie nelle stesse poltrone, ha una responsabilità maggiore rispetto a chi si è insediato da poco. Ripeto, in Italia il disagio è grandissimo, il governo nazionale non sta dando delle risposte, ad esempio a livello fiscale; cominciamo a tassare chi ha di più e ad alleggerire chi ha meno, e allora, forse, cominceremo ad invertire la tendenza. Il Comune non è luogo che dispensa posti di lavoro. Il sindaco batte sempre su questa cosa e ha ragione fondamentalmente, bisogna creare le occasioni di lavoro. Poniamo il caso che alla scadenza del contratto con Aimeri si dovesse percepire che c’è personale in più, sarebbe la stessa condizione degli scuolabus. Lì dovremo pianificare a monte con una gestione diversa per cercare di migliorare il servizio, ma bisognerà tener conto del capitale umano, ma con la realtà dei fatti e senza millantare nulla, e questo sì che caratterizza il nostro operato, non si è mai promesso un qualcosa senza avere la certezza che si potesse realizzare.
Che ci va a fare ad Amabilina Daniele Nuccio?
Questo rientra nel ragionamenti che facevamo prima. La politica deve cominciare a rioccuparsi della città a prescindere dalle convenienze elettorali. E’ un dato di fatto che i quartieri popolari quasi mai rientrano nell’agenda politica se non in campagna elettorale. Noi facciamo una proposta di istituire una commissione speciale che avrà una durata di 60 giorni più 30 prorogabili, per cercare di analizzare i disagi che ci sono su due linee: quello a livello statistico, per sapere, ad esempio, qual è la dispersione scolastica, ma anche un'analisi di stampo sociologico; a me piace riallacciarmi alle idee di Danilo Dolci, perchè calare dall’alto le soluzioni per queste realtà, forse è sbagliato. Se, invece, iniziamo a ragionare con chi vive in questi quartieri, le iniziative riescono, e per questo avremo bisogno di fare da collante con altre realtà, con le associazioni, con gli psicologi ecc. Sarà, finalmente, il 2016 l’anno in cui poter fare un quadro generale dei quartieri popolari. Possiamo fare tante cose, rimango del parere che non bisogna millantare nulla e non ci aspettiamo che il Comune abbia 200 mila euro per fare un progetto di riqualificazione, però, fino a due giorni fa c’era un bando della fondazione per il sud e ce ne sono tanti altri che escono ogni giorno. Ad esempio, perchè non affidare le aree verdi alla città, facendo in modo che si occupino della gestione e manutenzione facendone degli orti urbani.
A proposito di orto urbano, ad Amabilina ce n’è già uno e hanno perso le chiavi il giorno dopo l’inaugurazione. Ora faranno la giungla urbana...
E non va bene. Andiamo a riqualificare tutte queste cose. Altra cosa che io non capisco. Bisognerà veder cosa farne dell’edificio dell’urbanistica, dove c’era la scuola. Lì c’e un auditorium meraviglioso, perché non isolarlo dall’edificio principale e istituire lì un presidio contro li disagi del territorio. Ad esempio io non credo più a tutte quelle associazioni che si occupano di tossicodipendenza che non hanno mai incontrato un tossicodipendente. Sono di quelle associazioni i cui operatori alla sera tornano a casa compiaciuti del proprio gesto quotidiano, una cosa fondamentalmente di egoismo, quando, invece, le cose bisogna toccarle con mano per capire realmente.