di Dino Agate
All'Università di Bologna il professore Angelo Panebianco non ha potuto completare la sua lezione per la contestazione di un gruppo di giovani, che gli davano del guerrafondaio. In un articolo di Panebianco pubblicato sul Corriere della Sera del 14 febbraio scorso, il professore dava la sua interpretazione dei fatti di Libia ed esplicitava la possibilità di un intervento militare.
Si può essere d'accordo con le valutazioni del professore, oppure no. Ma quello che non dovrebbe essere consentito é impedirgli di tenere le sue lezioni all'Università.
Angelo Panebianco é un professore, uno studioso di storia e di politica, uno scrittore, da decenni apprezzato. Chi non é d'accordo con le sue tesi può non leggere i suoi articoli, o non comprare i suoi libri, o non andare a sentire le sue lezioni. Oppure può controbatterlo sul terreno della cultura e dell'intelligenza, con altri articoli o libri. Invece, quel che é avvenuto all'Università di Bologna denota una mancanza di cultura, di educazione e di civiltà che non può essere presa sottogamba. La contestazione é stata opera di un gruppo minoritario di giovani, che non sono nemmeno suoi allievi ma esterni ai suoi corsi. Chiunque può andare ad ascoltare le lezioni universitarie che sono libere ed aperte anche ai non studenti. Ma nessuno può permettersi di impedire lo svolgimento di quel servizio pubblico essenziale che é svolto dai professori. Per questo motivo c'é da sperare che i vertici dell'Università trovino il modo di impedire ai facinorosi di inquinare l'ambiente.
Anche se il gruppo di contestatori si dichiara pacifista, ed accusa Panebianco di essere guerrafondaio e fascista, nella realtà é proprio quel gruppo ad esprimere valori e tendenze bellicose e fasciste.
Si sente il bisogno di un intervento energico della magistratura , a salvaguardia dell'ordine democratico.
Ci vorrebbe pure un intervento dei genitori di quei giovani contestatori, che devono essere rimessi in riga. Ma di questi genitori ce ne sono più? Ricordo che negli anni Sessanta giovane contestatore anch'io, un giorno che i sindacati aveva indetto uno sciopero della scuola, assieme ai miei compagni per non andare a lezione aderii allo sciopero, ma poiché gli insegnati ci aspettavano nelle classi e noi non salivamo, il preside Antonino Giacalone scese lo scalone del Liceo e, avendomi per caso più vicino degli altri, mi prese per un orecchio e mi tirò su per le scale. I miei compagni, dopo un attimo di perplessità, salirono pure loro per le lezioni. Quando mio padre lo seppe, mi rimproverò e andò a scusarsi con il preside. Ma questi padri esistono ancora?