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17/03/2016 12:00:00

Quattro storie marsalesi rievocate da Giuseppe Donato

Giuseppe Donato, che un paio di anni fa ha pubblicato un libretto sullo Stagnone e sull'Isola Lunga, ha dato stavolta alle stampe un altro libro, che contiene alcuni fatti di cronaca marsalese, avvenuti in date diverse tra la fine del '700 ed il secondo decennio del '900. Due di questi fatti, quelli del 1862 e del 1863, sono documentati con precisione di storico. Degli altri due avvenimenti, quello del 1799 e l'altro del 1916, ha fatto una cronaca romanzata, senza fargli perdere la sostanziale veridicità. 


L'avvenimento del 1862 riguarda una banda di criminali e grassatori che diedero filo da torcere ai proprietari, ed alla fine furono arrestai e processati. Tre di loro, Vincenzo D'Anna, Giuseppe Scurti ed Antonino Scalia, furono condannati a morte, altri al carcere. Le sentenze di morte, pronunciate presso il Caffè Italia in Piazza Loggia da una arcaica giustizia penale, furono eseguite nella stessa piazza. I condannati furono fucilati lungo la parete della Chiesa di San Giuseppe, lato piazza, a pochi metri dalla scalinata della Chiesa Madre.

 
Il fatto del 1863 riguarda lo stato d'assedio posto alla città di Marsala dalla colonna mobile dell'esercito, comandata dal maggiore Milani, con l'intenzione di estirpare la piaga dei renitenti alla leva. L'assedio durò poco più di una settimana, dal 7 al 15 settembre. Non si poté più, in quei giorni, uscire dalla città. Si sperava così di costringere i renitenti a consegnarsi, od ad essere catturati per mezzo di delazioni di familiari e conoscenti. Il rimedio della cintura di sicurezza alla città raggiunse parzialmente i propri scopi, e comunque non poté essere prorogato per il grave danno che ne sarebbe derivato alla collettività, stante l'impossibilità di andare nelle campagne a vendemmiare. Essendo la vendemmia la principale risorsa dell'economia marsalese, se non fosse stata raccolta l'uva i contribuenti non avrebbero avuto di che pagare le imposte. Così il blocco fu tolto. 


Il terzo fatto, raccontato nel libro, riguarda un moto popolare, che al grido di "Viva il Re e la Fede", scosse la città, quando fu sciolto il corpo speciale dei miliziotti, a suo tempo istituito a fianco delle ordinarie milizie. Questo corpo speciale assicurava in città, tra militi e graduati, un lavoro stabile a un paio di centinaia di marsalesi poco abbienti. Senonché i milioziotti, che erano lo strumento del cardinale Ruffo e del generale Jauch, l'ala conservatrice della corte borbonica, avendo acquistata maggior potenza e prestigio si fecero nemica la regina. Per motivi di politica interna, il corpo dei miliziotti fu sciolto, e gli ex militi, pensando che il provvedimento di scioglimento fosse stato opera dell'ala di sinistra della corte, scesero in piazza e assaltarono il circolo dei professionisti e degli abbienti, l'antenato, se così si può dire, dell'attuale Circolo Lilibeo, dove aleggiava lo spirito liberale. Benché nel ribellarsi inneggiavano al Re, furono le forze borboniche a ristabilire l'ordine. E I tribunali emisero le condanne per i disordini. Due dei rivoltosi, Diego Lombardo ed Ignazio Rubino, furono condannati a morte con sentenza eseguita nella Piazza Loggia. Le loro teste furono esposte per monito a Porta Mazara. Altri furono condannati al carcere. 


Nell'episodio del 1916 trova la morte un finanziere, Michele Giacalone, che era appena tornato dal fronte del Carso. La sua felicità per il rientro é stata interrotta la notte tra il 14 ed il 15 settembre di quell'anno. Il giovane dormiva a casa, in Contrada Spagnola, vicino al casello ferroviario. I banditi hanno scardinato la porta di casa e sono entrati per rubare. Riconosciuti dal giovane, lo hanno barbaramente ammazzato. Hanno pure violentato una giovane donna, Brigida Pizzo, che quella notte faceva compagnia alla madre del giovane. 

 

Oltre che di piacevole lettura, Il libro é interessante perché l'autore ha inserito i fatti nel tessuto sociale del loro tempo. Leggendo, si notano in trasparenza la crisi del Regno Borbonico, la povera economia rurale dopo l'unità d'Italia, il problema della coscrizione obbligatoria, che i siciliani sconoscevano e non digerivano, gli effetti della Prima Guerra Mondiale, che imbarbarì l'animo di molti combattenti.

Dino Agate