E’ finita 1-1 davanti al Tribunale della libertà il match tra Procura e difesa nel procedimento penale che vede accusato Giuseppe Bonafede, 56 anni, ex presidente dell’Associazione panificatori lilybetana, accusato di estorsione in danni di dipendenti. Rigettando, infatti, il ricorso dell’avvocato difensore Stefano Venuti, il Tribunale della libertà ha, infatti, confermato la misura cautelare del divieto temporaneo di esercitare l’impresa “Non solo pane” disposta dal gip Annalisa Amato. Avverso il provvedimento del gip aveva fatto ricorso, per opposti motivi, anche la Procura. Quest’ultima, infatti, aveva chiesto l’arresto. Anche in questo caso, il Tribunale della libertà ha risposto: no. L’indagine su Bonafede, presidente dimissionario del Marsala calcio, è stata svolta dalla sezione di pg della Guardia di finanza della Procura ed è stata avviata a seguito del licenziamento di una giovane dipendente, B.M.A., che all’inizio del 2016, dopo circa sei mesi di lavoro “in nero” e con la continua promessa di retribuzione e regolarizzazione della posizione lavorativa, è stata accusata da Bonafede (secondo gli inquirenti, ingiustamente) di aver rubato un pò di pane e per questo motivo licenziata in tronco e senza alcun compenso. D’intesa con l’Asp, la sezione di pg delle Fiamme Gialle ha, poi, effettuato ispezioni nei due esercizi del Bonafede (via Mazara e via Mazzini), scoprendo che quasi tutti i lavoratori (ascoltati dagli inquirenti) erano retribuiti “in nero” o con trattamento economico non adeguato alle prestazioni di lavoro svolte. Rilevate, inoltre, condizioni di lavoro contrarie alle leggi e l’omesso versamento di contributi, dietro minaccia, sia esplicita che larvata, di licenziamento in caso di mancata accettazione delle condizioni imposte.