Da quarant’anni accesa. Quarant’anni di personaggi, parole, musica e storia del nostro territorio. Un paio di generazioni cresciute sulla stessa frequenza seppur con suoni diversi. Tutti ascoltiamo la radio, alcuni la fanno. Ecco io sono tra questi. Chi fa radio ha fatto una scelta di vita, vuole esserci senza apparire. Non ama le pose, non cerca l’inquadratura perfetta. Questo è ciò che penso, anche se non sempre è così. Radio Marsala Centrale, ora solo Rmc101, è la mia chiesa pagana. Il luogo dove sempre torno, prima o poi. Una sorta di Grande Madre, che mi aspetta con il sopracciglio sollevato, come a dire: sapevo che saresti tornata. Chi, come me, conosce la magia del mattino in radio, quando per prima accendi le luci, alzi cursori, regoli i volumi. Quando sei sola in studio ma sai che dall’altra parte c’è sicuramente qualcuno che trasalirà sentendo la tua voce, smetterà per un istante di fare ciò che stava facendo per sentire ciò che stai per dire, che accennerà un sorriso perché quello che hai detto o il brano che hai scelto, sembra proprio diretto a lui o a lei. Ecco la magia, far sorridere, pensare, commuovere o anche incazzare qualcuno che neanche conosci, ma che forse ti riconosce attraverso le parole che scegli. La radio è un modo per restituirsi agli altri, porti ciò che hai e chi sei. Sei hai fatto shopping di parole e pensieri le condividi, a casaccio, perché tanto prima o poi qualcuno lo becchi sparando nel mucchio distratto. La mia radio ha il suo odore inconfondibile di radio, come le librerie o i musei. Sa di buono, e anche se non ci sono più i dischi in vinile io ancora lo sento quel profumo, perché è rimasto intriso nelle pareti o forse solo in qualche parte della mia memoria a lungo termine. Tante cose sono cambiate in quarant’anni, allora gli speaker erano veri artigiani, e le mani lavoravano leste per evitare i buchi tra un brano e l’altro. La pubblicità si passava manualmente con le cassette e i 33 giri dovevi prepararli prima con mezzo giro indietro per non farlo partire stonato. La tecnologia semplifica tutto, se ne diventi capace, ma c’è una forma di solipsismo che la macchina ignora, e probabilmente l’ingenuo speaker.
Katia Regina