Se proprio non possiamo più fermare questa tendenza all’insulto facile, almeno trasformiamola in atto letterario, facciamone di necessità virtù. Quasi fosse una patente, studiamo, documentiamoci, evitiamo di apparire mediocri anche in questa circostanza. La letteratura che qui suggerisco è notevole, altisonante e sublime. Anzi, si potrebbe dire che proprio tra gli addetti ai lavori, in fatto di scrittura, sono volati gli improperi più feroci e taglienti. Basterebbe questo per stimolare i più recalcitranti a prendere in mano un libro, la motivazione può non essere tra le più nobili, ma è sempre meglio della laconica parolaccia, scorrimento veloce di quanti viaggiano con la premura d’arrivare senza badare al panorama. Stupire con una forma verbale caustica e infiorita di insolenze, frugare tra paradossi per partorirne uno ad hoc, originale. Scoccare la freccia appuntita di sintagmi velenosi ma mai mortali. Stordire in questo modo l’avversario, costringerlo a consultare, per la prima volta, un vocabolario. I più grandi poeti e letterati di tutti i tempi non si sono risparmiati in fatto di sferzate eleganti, garbate. Vi ricordate il titolo del programma di qualche anno fa condotto da Adriano Celentano? Francamente me ne infischio, con questa frase Butler si congeda dalla O’Hara in Via col vento. Una vera delizia. C’è anche la trasposizione cinematografica di Come vi piace di Shakespeare, ci regala un ‘incontriamoci il meno possibile‘ che, in musica, il paroliere di Battisti gira in …cerca di evitare tutti i posti che frequento e conosci anche tu…in entrambe i casi, i protagonisti, si stanno mandando al diavolo, ma quanta poesia c’è. Uno dei miei scrittori preferiti, Kurt Vonnegut, geniale e caustico come pochi in Cronosisma dipinge un affresco evocativo con ‘Se il tuo cervello fosse dinamite non ce ne sarebbe abbastanza per farti spostare di due centimetri il cappello‘, esilarante fino alle vertigini. Mark Twain non ci va leggero nello stroncare Jane Austin:Tutte le volte che leggo Orgoglio e Pregiudizio mi viene voglia di disseppellirla e colpirla sul cranio con la sua stessa tibia, l’iperbole elevata a massima potenza. Il grande e sanguigno poeta Gabriele D’Annunzio non nutriva grande simpatia per il fondatore del movimento futurista: Marinetti è un imbecille fosforescente, deliziosa immagine che merita uno chapeau da parte degli estimatori del Chiozzotto. I giri di parola sono patrimonio degli scrittori, ma possiamo rubarli, conoscendoli. Nella storia della nostra letteratura Dante detiene il primato per eleganza nell’evitare la parolaccia per antonomasia rivolta alla donna: femmina di conio (Inferno XVIII, 66), La divina commedia è un vero atelier a portata di tutti. Basta con gli ipermercati, suvvia! Le parolacce sono invece concesse ai grandi come Omero o i classici greci e latini, il parlar sporco, in questo caso è un diritto acquisito da chi non deve più dimostrare nulla. Aristofane ne è cultore, veri diamanti, incastonati con sapienza nella satira di costume che pare scritta per il dileggio dei nostri giorni. Boccaccio poi s’è fatto aggettivo per indicare il parlare sboccato e licenzioso, boccaccesco per l’appunto. Sorvoliamo su Pietro Aretino e il suo profluvio schietto.
A scagionar tutti questi, c’ha pensato, se vogliamo, Carlo Porta, difensore d’ufficio per appartenenza, egli diceva che qualsiasi linguaggio può esser bello o brutto a seconda di chi lo usa. Insomma, volgari non sono mai le parole stesse. Possono esserlo, ma dipende dalla maestria, l’intelligenza e la cultura di chi le usa. Resta invece indifendibile l’ ingiuria che, infatti, appartiene alla sfera giuridica, indica l’ingiustizia perseguibile per via penale e civile. Delitto, per il codice canonico, pressoché ignorato da quanti affollano le chiese. E anche in questo caso, a proposito di fedeli, tocca ad un altro gigante della letteratura liquidare la faccenda, Vincenzo Monti: le ingiurie assomigliano alle processioni religiose, ritornano sempre al luogo onde sono partite.
Nel vademecum del duello verbale la prima cosa da fare è scegliere con avvedutezza gli interlocutori con i quali impegnarsi seriamente in dispute o discussioni. Al pari della scherma o di qualsiasi altra tecnica di attacco e di difesa, per essere efficace e raggiungere il suo scopo anche l’insultare richiede di essere imparato e magari esercitato. Gli spunti bibliografici non mancano, per approfondimenti: Giulio Passerini, autore del volume Nemici di Penna. Per i più curiosi L’arte di insultare di Schopenhauer. Per l’attualità La mediocrazia di Alain Deneault
Katia Regina