A Trapani la campagna elettorale è stata lacrime e sangue, costantemente sotto tiro con un candidato tratto in arresto, Mimmo Fazio, e un altro, Tonino d'Alì, su cui pende la richiesta di un obbligo di dimora, siamo nell'ambito delle misure cautelari.
Una campagna elettorale che ha sradicato Trapani dall'alveo del centro destra per portarla ad una sinistra che in quel territorio non ha mai amministrato.
Forse non l'avrebbe fatto nemmeno questa volta. Non lo sapremo mai.
Sembrava scontato il ballottaggio tra Mimmo Fazio e Pietro Savona, poi ieri il colpo di scena: Fazio tira i remi in barca, Fazio non farà campagna elettorale, si appella ai trapanesi: “ non votatemi”. Difficile.
I trapanesi hanno dimostrato per Fazio fiducia e rispetto, indipendentemente dalle azioni giudiziarie, hanno accordato oltre diecimila preferenze consentendogli di recuperare i quindici giorni di arresti domiciliari. Fazio era vincente a primo turno, quei giorni di misura restrittiva lo hanno penalizzato. E' un Fazio provato, commosso alla conferenza stampa. Perchè non si è ritirato prima? E' semplice, Fazio ha rispettato le sue liste e i suoi candidati, ha dato loro la possibilità di fare una degna affermazione. Se si fosse ritirato al primo turno le liste collegate sarebbero cadute, i candidati esclusi dalla corsa, per colpe non personali.
Un gesto di correttezza politica, di quelle che si fanno fatica a trovare.
Adesso si rimette, da libero cittadino, al percorso della magistratura senza inficiare la sua di amministrazione e quindi i trapanesi tutti.
Mossa studiata a tavolino: se avesse deciso di ritirarsi adesso in corsa sarebbe tornato il terzo eletto, Tonino d'Alì. La parola passa ai cittadini, accoglieranno l'appello di Fazio a non votarlo? Ed eventualmente quella di Savona che vittoria sarebbe? Troppi “se” che vanno però analizzati. Se Fazio verrà votato e diventerà sindaco, lo ha dichiarato lui stesso, si dimetterà subito dopo. Il comune di Trapani tornerebbe alle elezioni. Quindi i trapanesi, il 25 giugno prossimo, andranno a votare non scegliendo il candidato sindaco ma decidendo se tornare alle urne a breve ovvero farsi amministrare dal Partito Democratico. In fondo i trapanesi non hanno voluto resettare seriamente questa politica, che ha fatto della competizione elettorale un campo di scontro personale e di “voto contro qualcuno”, altrimenti avrebbero votato in massa i Cinque Stelle.
Trapani, comunque vada, è una città dilaniata, una città avvolta in misteri politici che con la res pubblica hanno davvero ben poco a che spartire.
Il primo turno a Trapani è stato caratterizzato da una assenza dalle urne del 50% degli aventi il diritto, vince il partito di chi non ha votato
Questo è un dato forte, imprescindibile, che pone una valutazione, e su cui i protagonisti della politica farebbero bene ad interrogarsi, ieri come oggi.
E' un problema di astensionismo non dal voto, che poi si riflette sul non esercizio dello stesso, ma dalla politica. La gente è sfiduciata, non vota, perchè non cambia nulla.
Gli sconfitti di questa tornata sono i candidati sindaci, tutti, con le loro liste a seguito. Non hanno saputo comunicare bene, non hanno saputo raggiungere il cittadino che ha preferito restare a casa.
Nessuno a Trapani si aspettava la debacle del senatore Tonino d'Alì. Lui, uomo delle istituzioni da oltre ventiquattro anni, un potere decisivo a Trapani.
D'Alì ha chiuso a piazza Scarlatti, presente un tappeto umano. Non è bastato a consegnare la città di Trapani al senatore azzurro che si è giocato parte della sua carriera politica.
Una considerazione va fatta sulle preferenze, sui voti che sono personali e che la città non ha riconosciuto, almeno non abbastanza, a d'Alì.
E poi c'è il progetto della Grande Città, tirato fuori per ogni competizione, un progetto ambizioso che, però, o non è stato comunicato bene ovvero è stato clamorosamente bocciato dai cittadini.
Sulla comunicazione del progetto c'è la discrepanza, tra ciò che veniva comunicato e ciò che doveva essere realizzato, che non ha trovato spanna nei cittadini.
La stessa lista di Forza Italia, che si attesta come prima lista a Trapani con quasi il 15%, è una lista che viene trascinata dal suo candidato numero uno, Giuseppe Guaiana con i suoi 1554 voti. I voti di Guaiana sono personali, si spostano con lui. Se non si fosse candidato la sconfitta avrebbe avuto un sapore ancora più amaro.
La politica perde, perde tutte le volte in cui i dissapori personali vincono sul bene della collettività. L'asse d'Alì- Fazio porta a casa un numero talmente alto di voti da esprimere una forma di garanzia di governo per altri dieci anni, almeno. I due però sono acerrimi nemici, il territorio si spacca. Perchè a perdere non sono i politici, che camaleonticamente si riciclano e trovano modo di tornare, è il territorio.
Non può passare il concetto, espresso da Oddo e anche da tanti altri politici, che non esiste più il centro destra e il centro sinistra ma un unico contenitore. E come lo chiamiamo? Viva Italia? Viva chi ce la fa?
Cadere nella banalizzazione, del luogo comune dell'inesistenza di centro destra e centra sinistra, significa smarrire ancora di più l'elettorato che sceglie una coalizione piuttosto che un'altra perchè legata ad una storia ben precisa.
La città di Trapani ha un tessuto sociale che è venuto fuori in questa tornata elettorale, nonostante l'inchiesta in corso, nonostante gli arresti domiciliari, Fazio, si attesta per il ballottaggio a oltre diecimila voti. Un risultato che è un dato granitico nella politica trapanese, che va oltre le inchieste e che va oltre le beghe delle alleanze. Anche questo tra le righe vuol dire qualcosa: il cittadino ha bisogno di risposte che nessuno gli dà più, se ne frega, sbagliando, delle inchieste giudiziarie, e rimane ancorata ai dieci anni di amministrazione Fazio dove le cose funzionavano, e bene. Savona potrebbe vincere a mani basse, certo non è un granchè ma sempre meglio che perdere.
Ad Erice c'è la prima donna sindaco della città, Daniela Toscano,una riconferma per il suo operato da vicesindaco, una squadra che ha doppiato il competitor Luigi Nacci. Ad Erice Oddo non ha scalfito l'elettorato di Tranchida e Toscano.
In ultimo il voto a Petrosino e la sconfitta di Vincenzo D'Alberti contro il sindaco uscente Gaspare Giacalone.
I petrosileni hanno stima di Giacalone che ha cambiato il volto di una città.
D'Alberti si è mostrato come l'uomo del cambiamento e di fatto lo poteva essere, un giovane dalle buone capacità che ha avuto le ali tappate dalla politica che gli girava attorno. Tutti i partiti erano lì: PSI, PD, Alternativa Popolare, UDC, il centro destra c'era con Toni Scilla, una marmellata fuori stagione. I partiti sono stati ininfluenti per D'Alberti, non gli hanno portato nulla in termini di voti se non delle gaffe che gli hanno spianato la strada verso la sconfitta.
Il sistema maggioritario consente di avere liste promiscue? Vero. Vero anche che le liste possono essere allestite facendo delle scelte ben precise, soggetti nuovi o per lo più slegati dalla vita politica.
Il dato che risulta ad elezioni concluse è la polemica, quella resta, resiste, imperversa e non cessa. Qualcuno dovrebbe ricordare che il voto è l'espressione della sovranità popolare, lo dice la nostra Costituzione.