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23/06/2017 04:20:00

Caso Consip, atto terzo

  di Leonardo Agate - In un mio articolo, pubblicato su questo giornale il 19 giugno, davo il punteggio di 5 su 10 al governo Gentiloni, per come si era comportato sul caso Consip, la più grande centrale di acquisti per la pubblica amministrazione, interamente posseduta dal ministero del Tesoro. Mi riservavo di mutare il mio voto in seguito a quello che sarebbe successo in occasione del dibattito al Senato sulle mozioni presentate dai vari partiti riguardo alla rimozione dell’Ad di Consip, Marroni.

I nuovi fatti sono avvenuti, la discussione e la votazione in Senato c’è stata. L’hanno spuntata, con tre voti di scarto, i dem, con la loro mozione che azzera i vertici di Consip, e avvia la procedura della loro sostituzione. La mozione dem è passata per l’appoggio di Forza Italia. Le larghe intese hanno cominciato a fare rodaggio.

E’ chiaro che su ogni argomento i partiti la possono pensare come vogliono, e votare per chi o cosa credono. Nel caso particolare, la mozione che è passata è la più sballata tra quelle presentate: puntava all’allontanamento dell’Ad Marroni e c’è riuscita, lasciando in ombra quello che sta sotto quest’allontanamento o cacciata.
Marroni è il principale accusatore del giro di affari renziano, in cui sono coinvolti il babbo di Matteo Renzi, Tiziano, l’amico di famiglia, Carlo Russo, il Comandante dell’Arma dei Carabinieri, Del Sette, il Comandante della Legione Toscana dei Carabinieri, Saltalamacchia, un funzionario Consip, Gasparri, l’imprenditore partenopeo Alfredo Romeo. Quest’ultimo è in galera, gli altri sono indagati, a vario titolo, per violazione di segreto, favoreggiamento, corruzione, traffico di influenze illecite.
L’unico a non essere indagato è l’Ad di Consip, Marroni. Ed è l’unico che ci lascia per ora le penne. Gli accusati da lui, e indagati dalla magistratura napoletana e romana, non vengono sfiorati dalla mozione approvata. Nemmeno, gli accusati, hanno sporto querela o denuncia contro chi li accusa. Anzi, hanno sperato che Marroni ritrattasse le sue accuse, verbalizzate dai Carabinieri mesi addietro, quando fosse stato chiamato a testimoniare dinanzi ai pm. Invece, appreso giorni fa che l’accusatore avrebbe confermato le accuse dinanzi agli inquirenti romani, gli accusati sono partiti, lancia in resta, per togliere di mezzo il grande accusatore.
Poiché intanto erano state presentate al Senato le mozioni da discutere e votare, temendo che potesse prevalere quella che chiamava in ballo anche il ministro Luca Lotti, hanno fatto di tutto per impedire la discussione e la votazione. Il ministro dell’Economia, Padoan, ha inviato al Presidente del Senato, Grasso, una lettera, nella quale, comunicando che due dei tre componenti dell’assemblea Consip hanno presentato le dimissioni, facendo decadere i vertici, non era più necessario discutere sulle mozioni . Il presidente Grasso non è stato di questo avviso e la discussione, con relativa votazione, è avvenuta. Marroni dovrà lasciare, ma il ministro Lotti potrà restare al suo posto. Nella mozione approvata non si fa alcun riferimento a lui. Un pugno di voti di provenienza forzista lo ha per il momento salvato. Politicamente per ora è salvo. Ma quanto durerà sulla poltrona di ministro? Dipenderà dal prosieguo delle indagini giudiziarie e dai tempi, lenti, della giustizia. Potrebbe succedere che fra qualche mese, magari a ridosso delle prossime politiche, nel fascicolo di tutti o di alcuni degli indagati si inserisca il rinvio a giudizio, per gravi reati. Si tratta di corruzione e di soldi pubblici distratti a fini privati.
Quello che è grave è che il Senato intanto colpisce l’accusatore, Marroni, non indagato e non querelato dai presunti calunniati, e lascia al loro posto il ministro accusato e indagato
Il governo, che fino alla votazione in Senato era stato imparziale verso tutti, presunti innocenti fino a sentenza di condanna, ha favorito l’accusato e rimosso l’accusatore, come se avesse già fatto il processo, sostituendosi alla magistratura, e stabilendo chi ha torto e chi ha ragione. Ha invaso il campo della magistratura.
Non posso che abbassare a tre su dieci il mio voto al governo Gentiloni, e forse sono troppo clemente.