E’ arrivata ieri intorno alle 17,30, scortata da una motovedetta della Guardia Costiera, al molo Isolella Sud di Trapani, la nave Iuventa della ong tedesca Jugend Redett. Ad attenderla, sul molo, gli agenti della squadra mobile e gli uomini della Guardia Costiera che hanno anche effettuato un breve sopralluogo a bordo dell’imbarcazione. La Iuventa, era stata sequestrata lo scorso 2 agosto al largo di Lampedusa, su richiesta della procura di Trapani che ha aperto un fascicolo per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Sequestrati anche i pc utilizzati dall’equipaggio e gli strumenti satellitari per risalire ai vari spostamenti effettuati dalla nave nelle acque antistanti le coste libiche. Tutti gli operatori presenti a bordo dell’imbarcazione al momento del fermo dopo essere stati ascoltati erano rimasti sull’isola. Adesso hanno fatto ritorno in Germania dove ha sede la Jugend Rettet.
Le 147 pagine del decreto di sequestro preventivo della Iuventa chiesto e ottenuto dalla Procura di Trapani, contengono le presunte prove della loro collaborazione con i trafficanti di esseri umani - dai quali prelevavano i migranti invece di intervenire solo in casi di pericolo -, la loro scarsa collaborazione con la Guardia costiera italiana e «l’ostilità verso l’Italian Maritime Rescue Coordination Centre, confermata dal cartello con la scritta “Fuck Imrcc” posizionato alla prua». Ma le intercettazioni rappresentano anche un campanello d’allarme sugli «interessi» delle Ong e la complicità della guardia costiera libica.
L’equipaggio della Iuventa aiutava gli scafisti a riportare indietro i gommoni per poterli usare nuovamente: «Gli operatori della Iuventa hanno consentito a non meglio individuati soggetti operanti al confine con le acque territoriali libiche di recuperare 3 imbarcazioni utilizzate dai migranti per la partenza da quelle coste, una delle quali poi certamente riutilizzata il successivo 26 giugno per un nuovo sbarco». Una foto immortala le «due barche in legno dei trafficanti legati in precedenza con una cima dagli operatori della Iuventa».
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Il gommone della Iuventa recupera un barchino vuoto
La sequenza fotografica è inequivocabile: «Dapprima si incontravano in acque internazionali con trafficanti libici a bordo delle rispettive imbarcazioni, quindi facevano momentaneo ritorno presso la motonave Iuventa (mentre i trafficanti libici si dirigevano nuovamente verso le acque libiche), e, da ultimo, si incontravano nuovamente con i trafficanti libici che questa volta scortavano un’imbarcazione con a bordo dei migranti che venivano poi trasbordati sulla motonave Iuventa».
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Il gommone della Iuventa trasporta il barchino verso la Libia
Il recupero dei migranti, in accordo con i trafficanti, avveniva anche «a 1,3 miglia dalla costa libica». Scafisti e operatori dell’Ong si salutano ignari di essere fotografati dall’agente di polizia infiltrato su un’imbarcazione vicina. E uno degli operatori di Save The Children, intercettati dalla polizia per verificare la genuinità delle loro denunce, affermava: «Se tu prendi la roba da loro, vuol dire che comunque c’è una complicità tra te e loro, capito? Cioè lei se li va a prendere, te li porta a te e tu li riporti indietro». L’intesa era talmente forte che il 26 giugno scorso alle 17 sull’albero a poppa della Ong tedesca Jugend rettet, «è stata issata la bandiera libica».
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Trafficanti recuperano il motore da un gommone di migranti
Ferrea la volontà di non attraccare nei porti italiani «facevano persino il pieno di gasolio a Malta pur di non avvicinarsi all’Italia». La scarsa collaborazione con la guardia costiera italiana emerge, inoltre, anche dalle parole di una donna della Iuventa, monitorate dall’orecchio investigativo, che ha detto chiaro e tondo che né lei né i suoi collaboratori avrebbero consegnato «alla polizia materiale video fotografico relativo ai soccorsi e immagine di soggetti che conducono imbarcazioni di migranti in quanto potrebbero essere arrestati».
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L’agente sotto copertura nota la bandiera libica sulla Iuventa
E sempre la stessa donna parlando con un collaboratore, riferendosi ad un’altra Ong, accenna a una complicità con la guardia costiera libica. Dice: «Lavorano con la guardia costiera libica a bordo o con loro». L’interlocutore domanda meravigliato: «con la Guardia Costiera libica?». E lei: «Sì, vi era una cooperazione per un qualcosa di ... (periodo incomprensibile)».
I trafficanti salutano gli operatori della Iuventa e vanno via
Dalle intercettazioni dei due collaboratori di «Save the Children» si evince poi l’amore per il guadagno di alcune Ong. Uno chiede all’altro: «Quali erano secondo te le cose strane che hai visto?». E lui risponde: «Innanzitutto il fatto che venissero pagati così tanto, il fatto che ci facessero fare queste c... di foto come ..». L’amico chiede: «Perché loro, aspè perché loro erano pagati come stipendio dici?». Sorprendente la risposta: «Eh, si, cioè .. cioè uno che fa il volontario che si piglia 10.000 euro mi sembra ...».
I tre annunciano ad operatori Ong l’arrivo di un gommone
Lapidario, in un successivo colloquio tra i due giovani, il giudizio su un’altra Ong. «Tipo quegli altri, quelli là .. quelli erano banditi del mare non erano soccorritori del mare, eh? Quelli erano veramente banditi! Cioè veramente quella è stata proprio scandalosa ... hanno fatto più morti loro che loro da soli coi gommoni». E su tutto il «vero e proprio rendez vous tra operatori Iuventa e presunti scafisti finalizzato alla consegna di alcuni migranti». I trafficanti, scrive il giudice «dopo aver intrattenuto un dialogo con gli operatori della Iuventa si sono allontanati a bordo della propria imbarcazione rivolgendo un gesto di saluto verso la nave.