Un detenuto della provincia di Trapani, Giuseppe P, 55 anni, ha fatto causa al carcere di Pavia, dove è recluso, perchè sostiene di essere stato "sfruttato" e sottopagato per il lavoro svolto in carcere.
L’uomo deve scontare 8 anni, 9 mesi e 3 giorni di reclusione e si trova, attualmente, a Torre del Gallo, a Pavia. La sua storia storia la racconta"La provincia pavese".
In carcere, tra il settembre 2012 e il maggio 2016, ha svolto attività lavorative. In particolare, ha fatto lo “scrivano”, aiutando gli altri detenuti a scrivere le loro lettere, le istanze da presentare al tribunale e spiegando il contenuto delle sentenze.
Inoltre ha lavorato come magazziniere, organizzando e distribuendo agli altri detenuti i pacchi in entrata, lo “scopino”, occupandosi della pulizia degli ambienti carcerari e il barbiere. A riconoscere l’importanza del lavoro, come tramite per il reinserimento sociale, è lo stesso ordinamento dello Stato italiano. In particolare, una legge del 1975 prevede che il compenso per il lavoro svolto in regime carcerario debba corrispondere almeno ai due terzi della paga fissata dal contratto collettivo nazionale di lavoro riferito alla medesima attività.
Ma il 55enne ha conservato tutte le buste paga che gli sono state rilasciate dall’amministrazione penitenziaria e da tali documenti, secondo il ricorso del suo avvocato, risulta che gli sia stata pagata metà della paga oraria giornaliera, anzichè i due terzi. Non solo.
La medesima legge del 1975 prevede che il compenso (definito con un termine brutto e antiquato “mercede”) sia costituita dalla paga base, dall’indennità di contingenza, dalla tredicesima e dagli scatti di anzianità, oltre alla paga doppia nelle giornate festive e alle ferie retribuite.
In base ai calcoli effettuati, il detenuto reclama dallo Stato la somma complessiva di 1.158 euro; un importo che può sembrare non particolarmente significativo, ma che nel “microcosmo” del carcere assume un valore del tutto differente. Per questo, il 55enne si è affidato all’avvocato che lo assiste e il legale ha avviato una causa davanti al giudice del lavoro.
La controparte del detenuto è il ministero della Giustizia, la richiesta è quella di condannarlo a pagare la differenza tra quanto pagato e quanto dovuto, inclusi accessori, tredicesime, ferie non retribuite eccetera. La prima udienza è già stata fissata per il prossimo 8 maggio. L’avvocato Vittadini, alla richiesta, ha allegato anche le buste paga e i vari testi normativi. Anche se, per il detenuto, la soddisfazione di vedere condannato il carcere non ha prezzo.