E' trascorso un anno dall'elezione del governo regionale presieduto da Nello Musumeci, l'insediamento è avvenuto il 30 di novembre, un soffio di candeline e pochi risultati.
Anche se il governatore dice di avere fatto tanto. Il primo di dicembre infatti dovrebbe tenere una conferenza stampa per fare il punto su tutto il lavoro svolto.
Certo è che in questo anno, l'esecutivo ha voluto tenere un profilo basso, si concede poco ai giornalisti, preferiscono lavorare, dicono, fuori dal coro e da ogni eventuale strumentalizzazione.
Difficile, quando si governa la Sicilia, quando ci sono emergenze da affrontare e riforme appese al palo che strozzano, lentamente, la Regione. Dai rifiuti alla sanità, dal territorio passando all'agricoltura e alla pesca, dallo sviluppo del turismo, sempre annunciato e mai praticato, le risposte che si attendono sono tante.
Il 5 novembre del 2017 i siciliani hanno voltato pagina, lo hanno fatto con Nello Musumeci, bocciando i predecessori che per l'occasione si erano messi il vestitino nuovo, come se non avessero mai avuto responsabilità di governo.
I siciliani, stanchi dei mille proclami di Rosario Crocetta e di una giunta che a casa non ha portato alcun risultato, hanno deciso che a casa andassero loro.
Altissime le aspettative di una Sicilia che è agli ultimi posti nelle classiche europee per la prestazione dei servizi, per le infrastrutture, per la spesa dei fondi europei. Problemi a cui l'attuale governo deve dare delle risposte.
Quello di Nello Musumeci è un esecutivo politico, con scelte per la maggiore imposte da Forza Italia, la sua elezione la si deve ad un insieme di forze politiche che hanno virato verso Diventerà Bellissima. Se così non fosse stato il movimento Cinque Stelle avrebbe conquistato l'Isola.
Adesso, che il giro di prova è finito non sono più rimandabili questioni che riguardano la vita della Regione. Facile parlare di strage generazionale, come ha fatto Musumeci, i siciliani lo sanno già che i giovani non hanno un lavoro, non hanno un futuro, e scappano via da una terra arida di opportunità. Quello che vorrebbero sentirsi dire da un presidente è come intende fermare l'emorragia umana.
C'è stata l'emergenza rifiuti da gestire, che viene rimpallata da un governo all'altro, cambiano i nomi, cambiano i partiti di maggioranza, tutto resta invariato. Musumeci ha poteri straordinari, conferitigli direttamente da Paolo Gentiloni, nel gestire l'emergenza. I poteri stanno per essere riconsegnati al governo nazionale, è stato scontro tra il presidente siciliano e Luigi Di Maio che sul punto non vuole più attendere.
L'azione di questo governo, varata mesi fa, è stata quella di applicare orizzontalmente gli stessi provvedimenti e sanzioni a tutti i Comuni siciliani per alzare la percentuale di raccolta differenziata. Un provvedimento che, ad esempio, non aveva ragion di esistere per quelle realtà, come Marsala, che sono virtuose, al contrario sanzioni importanti avrebbero dovuto essere elevate per quei Comuni, da Palermo a Catania e Trapani, dove la differenziata non è mai stata avviata davvero.
Una Regione normale, è questo l'auspicio di Musumeci, lo ripete più volte e non ha avuto timore a tenere il pugno duro e a far saltare le teste quando le risposte dagli uffici e dai dirigenti non sono arrivate. La musica è cambiata, ripete tra i corridoi.
Il nodo maggiore resta la lentezza burocratica e quei cavilli che non hanno mai reso i percorsi snelli e veloci. Appesantita la Regione, racconta se stessa, china, con il volto basso e la speranza di risorgere. Nel pieno dell'estate 2018 Musumeci ha dichiarato che tra un anno, quindi nel 2019, la Sicilia sarà rigenerata. Ci sarà ancora da attendere, gli assessori regionali recitano tutti la stessa preghiera: hanno trovato disastri.
Sarà pure vero, Crocetta ha cambiato più assessori che mutande, ma guardare al passato inchioda all'immutabilità del presente e non prospetta alcun futuro. Bisogna dire cosa e come si vuole fare, in che direzione. Irto il sentiero della Sanità, l'assessore Ruggero Razza è impegnato, monitora ospedali ed è in contatto diretto con il Ministro della Salute, Giulia Grillo. La Rete Ospedaliera dovrebbe nascere, finalmente, tra qualche mese. Le criticità, però, sono tutte sul piatto: lunghe liste di attese, medici che lavorano in condizioni di pericolo e precarie, infermieri che rischiano l'aggressione, cure non tempestive e fuga verso una sanità migliore, spedita e senza attese: quella del nord.
La Sicilia ha delle eccellenze, poco difese, mal distribuite e gli ospedali sono sempre luoghi di poca speranza. Eppure la Rete Ospedaliera è stata per il precedente governo regionale motivo di vanto, e anche di campagna elettorale, nonostante le nomine dei commissari delle Asp dichiarate poi illegittime dalla Magistratura. Nomine che sono state da questo attuale governo prorogate ancora, e così di mese in mese nel guado di una sanità seppellita da annunci e da burocrati.
Non va meglio negli enti locali, le ex province non hanno approvato i loro bilanci, c'è un dissesto pauroso, non ci sono i soldi per l'ordinaria amministrazione di competenza provinciale, dalle scuole alle strade. Il governo di Musumeci aveva chiesto il ritorno ad elezione diretta per le province, sono commissariate dal 2012, la peggiore riforma del precedente governo, che ha pensato di fare una rivoluzione e invece ha finito per far morire i territori.
Lo ha ripetuto in diverse interviste, il governatore della Sicilia: “Stiamo costruendo sulle macerie”. Sarebbe il caso che i siciliani sapessero a che punto è la costruzione, le troppe ed estenuanti attese creano malcontenti.
E' il governo, anche, delle spartizioni di poltrone. Gianfranco Miccichè, presidente dell'Ars e commissario di Forza Italia, è lì pronto a ricordare che senza l'appoggio degli azzurri Musumeci non avrebbe vinto. Incassa diverse nomine. E adesso c'è un'altra emergenza, perchè in Sicilia i risultati, forse, si portano a casa solo se le cose accadono, e pure tragicamente.
Il mal tempo ha fatto vittime, una famiglia intera sterminata dalla furia della pioggia, un disperso, due turisti tedeschi morti, un consigliere comunale di Salemi, in provincia di Agrigento altri morti, un medico disperso a Corleone.
Un bollettino di guerra, dove c'è spazio anche per lo scontro istituzionale tra Musumeci e il premier Giuseppe Conte. Dichiarato lo stato di calamità, il presidente non voleva contare i morti e invece sono 12, 2 i dispersi.
La pulizia e gli interventi su 26 fiumi siciliani è stata prevista e operata già da sei mesi, previsto l'intervento su altri 80 fiumi, di questi 15 saranno ripuliti nell'immediato a cominciare dal fiume del Belìce.
C'è un impegno concreto di risorse per il rischio idrogeologico: “Non si può fare in due mesi quello che non si è fatto in venti anni”, Musumeci è chiaro.
Pronto a battagliare con i Comuni: è stata inviata una lettera a tutti i sindaci siciliani: nessuna casa a ridosso dei corsi d'acqua e del mare può essere abitata, nemmeno per le ferie. E' il governo Musumeci che ha riportato in vita l'Autorità di bacino, che si adopererà con controlli e interventi nei Comuni.
Il presidente è durissimo, adotta il pugno duro contro gli avversari politici, i cortigiani di ogni stagione, contro i grillini che urlano sempre al disfattismo.
L'esecutivo regionale ha lavorato, dalle Zes alle riconversione dell'area di crisi complessa di Gela, le Asp hanno avviato la stabilizzazione dei precari, entro dicembre dovrebbe essere pronto il nuovo piano dei rifiuti, senza dimenticare che in tutta la Sicilia ci sono 511 discariche e di queste non si conosce l'incidenza della pericolosità sui territori, ci sono degli studi avviati in tal senso.
E' prevista la realizzazione di tre nuovi impianti: Enna, Vittoria, Bellolampo.
Intanto entro il 31 dicembre dovrà essere contabilizzata la spesa dei fondi europei, pari a 700 milioni di euro. I fondi rischiano di tornare indietro, a questo si aggiunga che se la spesa pubblica non verrà accelerata non ci saranno investimenti a sostegno delle famiglie, delle imprese e dei disabili.