"Trovo veramente inquietante questo stillicidio di veline, di anonimi con l'obiettivo di delegittimare le mie assistite attraverso documento solo parziali che riguardano il padre, morto nel 2006. Mi sembra di esser tornati negli anni Sessanta. Il clima è esattamente lo stesso. Con veline usate come strumento politico. Tutto questo perché queste signore hanno denunciato e grazie alle loro denunce ci sono indagini in corso. Hanno avuto il riconoscimento di status di vittime della mafia e in questo momento vengono accusate di avere avuto un padre mafiose. Sono solo calunnie, come accertato da una sentenza nel lontano 1974". A parlare è l'avvocato Giorgio Bisagna, il legale delle sorelle Irene, Gioacchina e Marianna Napoli, le tre imprenditrici agricole di Mezzojuso (Palermo) al centro di polemiche.
Il legale e le tre sorelle, nel corso di un incontro coni i giornalisti, ha annunciato che oggi verrà presentata una querela contro due persone, di cui al momento non vogliono rendere noto l'identità, con l'accusa di diffamazione aggravata nei confronti delle tre sorelle. Si sa solo che uno dei due è un "ex alto ufficiale dei Carabinieri". "Ho notato che appena il livello si alza un pochino subito parte l'attacco nei confronti del padre - dice l'avvocato Bisagna - e viene chiesto pubblicamente che le sorelle si dissocino dalle presunte condotte mafiose del padre". Ecco perché oggi verranno presentate due querele per diffamazione aggravata.
"Non ho niente da cui prendere le distanze - dice Ina Napoli - perché Salvatore Napoli era un onesto lavoratore che ci ha inculcato solo onestà. Sono solo accuse infondate, anche perché mio padre dal 1998 era paraplegico e aveva problemi di logopedia e deambulazione. Aveva anche momenti di crisi epilettiche. Queste condizioni sono continuate fino al 2006". Nei giorni scorsi, il generale dei carabinieri, Nicolò Gebbia ora in pensione, originario di Mezzojuso, testimoniando a un processo a Roma per diffamazione e parlando della latitanza del padrino Bernardo Provenzano, aveva messo a verbale di avere appreso dal metropolita ortodosso di Sarajevo, in un incontro avvenuto nel settembre di 16 anni fa, che "il capomafia di Mezzojuso, Napoli, siccome aveva solo tre figlie femmine ed era anziano, faceva in modo che Provenzano fosse ospitato nel territorio di sua competenza perché si appoggiava all'autorità del boss visto che la sua veniva erosa dall'età anagrafica e dal fatto di non avere figli maschi".
Le sorelle Napoli sono proprietarie di un'azienda agricola con oltre 70 ettari di terreno tra Corleone e Mezzojuso dove coltivano cereali e foraggio. Irene, Gioacchina e Marianna Napoli dopo la morte del padre, dicono di aver subito minacce e intimidazioni mafiose per costringerle a cedere l'attività. Le tre donne hanno denunciato danneggiamenti, l'uccisione dei propri cani, sconfinamenti di vacche che vanno nei loro terreni. "Chiediamo che si faccia chiarezza - dice l'avvocato Giorgio Bisagna - si sta parlando di un vescovo ortodosso che aveva rapporti con un Monastero a Mezzojuso dove non esiste un Monastero ortodosso ma bizantino". "Stanno calunniando il nostro operato - dicono - è vergognoso quello che scrivono sui social. Addirittura c'è gente che ci ha tolto il saluto. Siamo isolate. Ci chiamano 'amiche degli sbirri'".
Nel 2002 da una informativa del Ros era emerso che Salvatore Napoli fosse vicino ad ambienti di Cosa nostra. "Qui abbiamo solo una sentenza di calunnia del 1974 nei confronti di un soggetto, Francesco Bonanno, che vedeva il signor Napoli come vittima della calunnia - dice Bisagna - non abbiamo altre sentenze. Sono tutte calunnie. Quindi ci chiediamo come mai il Ros non abbia tenuto conto nell'informativa della sentenza sulla calunnia del 1974. Le sorelle Napoli dopo la morte del padre, nel 2006, dicono di aver subito minacce e intimidazioni mafiose per costringerle a cedere l'attività. Le tre donne hanno denunciato danneggiamenti, l'uccisione dei propri cani, sconfinamenti di vacche che vanno nei loro terreni. Il sindaco di Mezzojuso sostiene di non aver mai avuto notizia dalle sorelle Napoli (una lavora in Municipio) di queste minacce.
"Perché ci sono questi attacchi? - si chiede l'avvocato Bisagna - con veline e non con atti giudiziari? Con personaggi improbabili. Perché? Raccontano un isolamento oggettivo e vengono messe loro sul banco degli imputati perché hanno osato raccontare un clima sociale che non ha paragoni in tutta la provincia di Palermo. Invece di dare solidarietà alle sorelle e sostenerle si è creato questo clima di isolamento".
"Chi ha tirato fuori questi atti? - dice l'avvocato Giorgio Bisagna - E chi li ha messi a disposizione? Perché emergono in questo momento quando si alza il livello? Non dimentichiamo i personaggi che sono stati tirati in ballo". "Noi non ci fermeremo mai, continuiamo nella nostra battaglia quotidiana - dicono le sorelle Napoli - Ci fanno male queste accuse. Ma noi continueremo a fare le nostre denunce". L'ultimo danneggiamento risale allo scorso novembre quando sono state tagliate le recinzioni e sono state fatte entrare delle mucche contrassegnate. Ecco perché è stato possibile risalire al proprietario che è stato denunciato.