Dall’Ars non è arrivato il via libera a un calendario di breve periodo che avrebbe dato la certezza di evitare l’esercizio provvisorio e all’Aran non c’è stata l’attesa firma del contratto dei regionali.
L’Agenzia per la contrattazione nel pubblico impiego aveva convocato i sindacati e si era sparsa la voce che si sarebbe arrivati alla firma del nuovo contratto collettivo (l’ultimo risale al luglio 2006). Ma dopo oltre 4 ore di discussione le parti si sono lasciate senza un accordo e con la sola speranza di ritrovarsi la mattina del 31 dicembre.
Mancano ancora le tabelle che indicano la spalmatura degli aumenti contrattuali nelle quattro categorie di dipendenti. Tutti sanno che - come ha fatto lo Stato - gli aumenti saranno mediamente di 85 euro al mese. Ma come verranno calati nella mappa dei 14 mila dipendenti? La voce che gira è che la categoria di ingresso, la A, dovrebbe ricevere aumenti che si aggireranno sui 50/55 euro al mese mentre la più alta, la D, dovrebbe poter arrivare almeno a 115. Ma le tabelle definitive ieri non sono arrivate e ciò ha di fatto congelato la trattativa anche su questa parte che sembra ormai certa.
In più i sindacati temono che nel budget stanziato dal governo (53 milioni all’anno) siano compresi anche gli oneri riflessi, i contributi previdenziali, e che ciò evidentemente faccia abbassare la soglia netta degli aumenti. Una tesi che secondo le prime indiscrezioni la Funzione Pubblica starebbe per confermare.
Di fronte a tutti questi dubbi manifestatisi in extremis è saltata la firma dell’accordo, che sembrava scontata almeno per la parte economica. Mentre per quella normativa (un maxi testo da oltre 100 articoli) era comunque previsto un supplemento di trattativa.