Enrico Colajanni ex presidente e fondatore dell'associazione antiracket Libero Futuro continua ad oltranza la sua protesta, giunta a 32 giorni di sciopero della fame, per continuare a tenere alta l'attenzione nei confronti di quelle associazioni che, a causa delle decisioni prese dalle Prefetture di Palermo e Trapani che hanno emanato, nel giro di dodici mesi, ben quattro interdittive, si ritrovano ad essere bollate come infiltrate dalla mafia e impossibilitate a svolgere la loro attività di assistenza alle vittime del racket.
Siamo stati esclusi perchè considerati scomodi ma adesso vogliamo risposte - afferma Colajanni -. La sua associazione fu cancellata tramite un provvedimento del prefetto De Miro, perchè all'interno di Libero Futuro vi erano persone vicine ad ambienti mafiosi. A sostenere Colajanni nella sua battaglia c'è anche il suo amico di Partanna, Nicola Clemenza, che è pronto a continuare la protesta alternandosi in staffetta nel momento in cui, per forza di cose, Colajanni dovrà fermarsi.
"Forse lo strumento più incisivo nella lotta alla mafia era proprio l'organizzazione sociale e civile, è chiaro che vogliono distruggere questa - ha detto Clemenza - nel corso alla conferenza stampa indetta alcuni giorni fa da Colajanni per lanciare una raccolta firme -. Siamo riusciti veramente a dare fastidio, oggi verrebbe da chiedersi se noi società civile potessimo fare le interdittive a loro, alle istituzioni, visto che da parte nostra non c'è nessuno straccio di prova, ma solo fango e parole buttate per dare fastidio".
Intanto, come dicevamo, sulla piattaforma Change.org è stata lanciata la petizione online per far crescere la protesta, sono oltre 2.700 le adesioni. «Per le firme non c’è limite. Più sono e meglio è - dice ancora Colajanni -. Ci servono per fare pressione sui media affinché ci ascoltino e per pressare i politici affinché prendano provvedimenti".
"Libero Futuro e le altre associazioni negli ultimi 11 anni si sono impegnate a fianco di centinaia di vittime - si legge in una nota dell'associazione -. Una attività complessa che ha interessato tante imprese in un percorso di collaborazione con le Forze dell’Ordine per uscire dal sistema del racket mafioso, frutto di travagliate scelte personali di imprenditori per intraprendere un percorso di legalità supportato spesso da percorsi giudiziari. Siamo preoccupati del fatto che tale patrimonio di impegno civile - continuano i responsabili di Libero Futuro - possa andare perduto. Pertanto abbiamo approfondito la questione e non possiamo non concordare sul fatto che tali interdittive siano non sufficientemente motivate e che sarebbe opportuno rivederle riabilitando le associazioni. Inoltre è indispensabile ribadire che al di là delle interdittive in questione vi è un problema più generale che il legislatore dovrebbe affrontare riformando lo strumento delle interdittive antimafia".