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17/01/2019 06:00:00

Quei terroristi arrivati a Marsala con l'ok di “Barbanera”

A Marsala “Barbanera” ci viveva da anni. Con i traffici di clandestini e sigarette dalla Tunisia alle coste siciliane aveva fatto fortuna. Ogni “passeggero” pagava anche 3 mila euro.

Aveva comprato una villetta in contrada Strasatti e aveva anche un'azienda agricola a Santo Padre delle Perriere. Fadhel Moncer, questo il suo nome, è stato arrestato perchè ritenuto il capo di una delle organizzazioni criminali che gestiscono i viaggi clandestini dalla Tunisia alla Sicilia. Oltre alla villa, all'azienda agricola, la guardia di Finanza gli ha sequestrato conti correnti e il ristorante “Onda Blu”, l'ex Bellavista, a Mazara del Vallo. Da lì, e dalla sua villetta di Strasatti, gestiva il gioco. Un gioco pericoloso, in cui partecipano anche personaggi vicini al terrorismo jihadista. Personaggi che fino a poco tempo fa vivevano a Marsala, che gestivano traffici e propagandavano lo jihadismo, il fondamentalismo islamico invocando la distruzione dell'Occidente. Lo stesso “Barbanera” in passato qualcosa la voleva distruggere. Nel 2012 stava progettando un attentato dinamitardo ad una caserma dei Carabinieri a Marsala. Qualche mese dopo è stato arrestato, e il progetto svanì fortunatamente.

C'è un tunisino che ha conosciuto da vicino queste dinamiche e che nel febbraio 2017 comincia a parlare. E' quello che si può definire un “pentito”. Si conoscono un po' tutti nella comunità tunisina tra Strasatti e Mazara del Vallo. Una fitta rete di contatti che permette di gestire dall'Italia e dalla Tunisia importanti traffici attraverso potenti gommoni. Proprio a bordo di uno di questi è arrivato a Marsala il tunisino che collaborerà con le autorità.

Racconta ad esempio che pochi giorni dopo il suo arrivo conosce tale Monji Ltaief. Monji da Marsala organizza gli spostamenti delle imbarcazioni dalla Sicilia alla Tunisia, e viceversa. Ha tutta una sua rete di contatti. Comanda un gruppo ben organizzato nel far arrivare le barche la notte sulle coste trapanesi. Ma Monji non è indipendente, sopra lui c'è Boulaya, è il soprannome di Fadhel Moncer “Barbanera”. Monji si occupa di organizzare i viaggi, a bordo, direzione Marsala, ci sono stati anche terroristi, e il “pentito” racconta come avveniva il tutto.

“I clandestini normali pagano 5000 dinari tunisini mentre le persone che sono ricercate in Tunisia, per vari reati compreso il terrorismo, pagano da 10000 dinari in su. Il contatto che lavora in Tunisia per conto di BOULAYA chiede ai clandestini di esibire il documento e dopo di che effettua, grazie ad un poliziotto compiacente, dei controlli sulla loro posizione penale in Tunisia. Se l’esito del controllo è negativo, il clandestino paga 5000 dinari se invece è positivo paga da 10000 dinari in su. Dopo che i clandestini hanno pagato in contanti, aspettano una chiamata dall’uomo di BOULAYA in Tunisia il quale fornisce la data e il luogo dell’imbarco”.

Anche i terroristi viaggiavano con le barche di “Barbanera” e Monji. Anche loro arrivavano a Marsala e pagavano un prezzo più alto. Li chiamavano “barboni”, quelli dell'organizzazione. “Barboni” erano i terroristi che percorrevano la tratta Tunisia-Marsala/Mazara.
Tra i clandestini che facevano la spola tra la Tunisia e Marsala c'era “Kahla” soprannome che sta ad indicare “il nero”, per via della sua carnagione.

 

Si tratta di Ahmed Khedr. Il suo nome è tra gli arrestati in una delle ultime operazioni, quella di Marsala. “Il nero” è un terrorista, racconta il pentito.

“A Marsala viveva in un appartamento in centro e sul conto so per certo che è ricercato in Tunisia per terrorismo ed arrivato in Italia da qualche mese. … Ho sentito delle persone, in Tunisia, riferire che il predetto AHMED detto KAHLA ha aiutato altre persone coinvolte in attentati terroristici in Tunisia a scappare verso l’Italia e per questo motivo ritengo che sia egli stesso un terrorista”.

“Il nero” lavorava a stretto contatto con un altro tunisino. Gli inquirenti hanno dovuto fare diversi passaggi per ricostruire la sua vera identità. Si fa chiamare “Jerbi”, il suo nome è Ounich Kahled.

 

Di loro scrivono gli inquirenti:


“KHEDR Ahmed e OUNICH Khaled, con ruoli diversi, svolgevano principalmente la loro attività criminale in Tunisia, in un ruolo apicale all’interno del sodalizio, soprattutto il primo disponendo l’impiego dei suoi collaboratori e non operando direttamente sul campo ed il secondo anche partecipando personalmente con ruolo attivo”.

Ma i due erano piuttosto attivi nella propaganda jihadista contro l'occidente. Attraverso i social, e soprattutto Facebook, veicolavano messaggi a favore della jihad e del fondamentalismo islamico. Sul profilo di Ahmed Khedr sono state trovate diverse foto di ispirazione jihadista. Più corposa invece l'attività di propaganda di “Jerbi”, che condivideva video e foto inneggianti le azioni terroristiche dell'Isis.
Una propaganda 2.0 veicolata in maniera assidua. Come in maniera assidua avvenivano i viaggi organizzati dalla “banda di Marsala”. Viaggi che portavano in Italia personaggi come “il nero”, “jerbi” e altri “barboni”. Il tutto solo dopo l'ok, dalla sua villa di Strasatti, di Fadhel Moncer “Barbanera”.