La Corte d’appello di Palermo ha confermato le assoluzioni sentenziate il 22 giugno 2015 dal Tribunale di Marsala per Massimo Bellitteri e Antonino Salvatore Sieri, ritenuti innocenti dopo essere stati accusati di usura ed estorsione in danno dell’agente di commercio Antonio Correra. Accuse con le quali, nel giugno 2008, erano stati arrestati dai carabinieri.
Poi, nel processo, emerse un quadro diverso dei fatti. Tanto che fu lo stesso pubblico ministero, nella requisitoria, a ridimensionare il caso. Chiedendo l’assoluzione di Bellitteri e Sieri dall’accusa di usura e la derubricazione delle imputazioni di estorsione e lesioni in esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
Il Tribunale sentenziò l’assoluzione dalle accuse di usura ed estorsione, condannando Bellitteri e Sieri a soli 5 mesi di reclusione, nonché a 500 euro di risarcimento danni, per esercizio arbitrario delle proprie ragioni e lesioni. Adesso, in appello, è stata dichiarata la prescrizione dei due reati. Le lesioni erano relative agli schiaffi che sarebbero stati dati a Correra per la restituzione di una parte (27 mila euro) delle somme prestate. Poi, l’agente di commercio denunciò Bellitteri e Sieri ai carabinieri. A difendere i due imputati sono stati gli avvocati Salvatore Fratelli, Antonella Barraco e Paolo Paladino. Nel processo di primo grado, il quadro della situazione cambiò anche in considerazione del profilo del personaggio Correra venuto fuori in altri procedimenti, con condanna dell’agente di commercio per varie truffe, calunnia e ricettazione di assegni rubati. Quest’ultima vicenda collegata proprio al caso Bellitteri-Sieri. Per ricettazione di assegni rubati, infatti, nel 2014, Correra fu condannato a un anno e quattro mesi di reclusione mesi dal giudice monocratico di Marsala Mario Faillaci. E il procedimento (indagine della sezione di pg della Guardia di finanza della Procura) scaturì proprio dagli sviluppi investigativi del caso Bellitteri-Sieri. Venne fuori, infatti, che due degli assegni consegnati da Correra a Bellitteri e Sieri erano stati staccati da un carnet di assegni emesso dall’Unicredit e rubati, ad Erice, il 21 gennaio 2008, a Michela Bulgarella. In appello, i procedimenti sono stati riunificati e la condanna a Correra è stata confermata, anche se ridotta a 8 mesi. Attualmente, Antonio Correra è sotto processo davanti il Tribunale di Marsala per bancarotta fraudolenta e truffa allo Stato. A difenderlo sono gli avvocati Antonino Carmicio e Antonio Ciotola (quest’ultimo è del Foro di Napoli).
Il reato di truffa allo Stato viene contestato in quanto il Correra, affermando “falsamente”, secondo l’accusa, di essere stato vittima di estorsione e usura, avrebbe indotto in errore la prefettura di Trapani e il commissario straordinario di governo, riuscendo così ad accedere al “fondo di solidarietà”. Incassando quasi 200 mila euro. E con una parte di questa somma (158 mila euro) ha comprato un’abitazione a Montepulciano (Siena), poi sequestrata dalla magistratura e nella quale, l’8 giugno 2015, fu posto, per un certo periodo, agli arresti domiciliari. La bancarotta, invece, viene contestata per il fallimento della Kemical Green. L’inchiesta è stata svolta della sezione di pg della Guardia di finanza della Procura. Nel corso del processo, il consulente tecnico della Procura di Marsala, Antonino Casano, ha affermato: “La Kemical Green non ha avuto rilevanti perdite nel periodo in cui Antonio Correra sosteneva di essere vittima di usura. Ci sono stati solo dei prelievi di denaro da parte dell’amministratore”.
L’accusa di bancarotta fraudolenta è stata formulata perché, a giudizio degli investigatori, Correra avrebbe depauperato sistematicamente il patrimonio della fallita “Kemical Green”, di cui era legale rappresentante, prelevando dalle casse della società oltre 212.749 euro, nonché incassando una somma leggermente inferiore mai registrata nella contabilità delle entrate relative a crediti vantati dalla società nei confronti di molti clienti.